giovedì 30 dicembre 2010

Sogno di fine anno

Ora che sono nella penisola mi sono permesso di sognare dell'isola, forse per la prima volta.

Tornavo in Svezia dopo le settimane festive passate in Italia e la temperatura era inspiegabilmente alta, poco sopra lo zero. L'unità del mare ghiacciato tutt'attorno alla mia isoletta era infatti rotta da grandi ondate e dove la superficie marina rimaneva solida, non si trattava più di uno strato ghiacciato ben compatto, ma piuttosto di neve papposa. Mi rendevo conto di tutto ciò solo quando ero già sull'isola. Vale a dire che non avevo la minima idea di come fossi riuscito a raggiungerla, se in barca o a piedi.
Le temperature si erano alzate, dicevo. In realtà non era proprio vero, dato che si erano alzate sopra lo zero solamente dal giorno prima del mio arrivo. Era piuttosto vero che, dopo un periodo di ghiaccio solido, si era venuto a creare un nuovo equilibrio tra l'acqua e il ghiaccio marino, ossia l'acqua, con le sue onde, aveva di nuovo guadagnato terreno sul ghiaccio, raggiungendo così un nuovo stato di equilibrio. In altre parole, dopo l'iniziale vittoria del ghiaccio di inizio inverno si era passati ad una sorta di pareggio: il ghiaccio rimaneva ma l'acqua era riuscita a tornare in superficie in metà dell'arcipelago. Questo era lo scenario che vedevo da casa mia.
Arrivati al momento in cui dovevamo tornare sulla terraferma, non so per quale ragione io e i miei coinquilini decidevamo di portare a spalla la nostra barchetta attraverso tutta l'isola. Mille peripezie, il motore che si accendeva a metà strada sul sentiero, ma riuscivamo a raggiungere il porticciolo da cui imbarcarci. Da qui lo scenario era incredibile: rimorchiatori trainavano nel mare enormi lastre di ghiaccio sulle quali, nel frattempo, erano stati costruiti palazzi interi. Trainavano quindi pezzi interi di mare in mezo al mare stesso.
Ci mettevo un po' a capire cosa fosse successo nei miei giorni di assenza dalla Svezia. Era accaduto che diverse persone avevano deciso di spostare i propri palazzi per il periodo invernale proprio in mezzo al mare, basandoli sul ghiaccio. Ora che però il ghiaccio si stava sciogliendo, i rimorchiatori stavano provvedendo a riportare sulla terraferma le varie costruzioni. Sembra che fossero in molti a non aspettarsi un così repentino ritorno dell'acqua liquida nella superficie dell'arcipelago.
Ero estasiato, soprattutto perché pensavo al mio timore nel camminare su quello stesso ghiaccio che invece vedevo essere in grado di reggere il peso di palazzi interi. Si trattava dell'ennesima cosa che non mi sarei mai aspettato di vedere né sarei riuscito ad immaginare.
In questa situazione mi apprestavo a salire sulla barca per attraversare ancora una volta il tratto marino e raggiungere Stoccolma e il resto del mondo.

venerdì 17 dicembre 2010

Heading Home

To the city where a snowfall is magic
from the city where a snowfall is landscape

The city with the frozen sea
The city with the frozen lives

It's time to travel again, this time not from the island to the city and then to the island again, but on the route leading Home. I've passed through many new things and, what really matters, through new states of mind. Better to write it loudly, so that I will remember that it's still possible to experience completely unexpected situations. Always. And always beyond my imagination.
This year has been that of a deep excitation on the surface of a frozen sea and the intense relax of swimming in the late night sun, the year of the longest travels on the shortest distances, of the low pace on the long flat distances, of the high pace of my heart beating while sliding down a mountain. The year of all these empty things filled with people I have lived them with.
Now that my speed is high enough, here comes the time of a break.

No more writing for this year, now I'm just heading Home.

lunedì 6 dicembre 2010

Finchè nun ved' u' puorc' accis' ...

Finché nun ved' u' puorc' accis' iø nun cred' alla sauciccia.

Traduzione: Finché non vedo il maiale morto non credo alla salsiccia

Significato: Mai considerare raggiunto un risultato fintanto che l'opera non sia stata davvero portata a termine. Il paragone è quello con la truce e popolare pratica dell'uccisione del maiale, con la cui carne poi si produrranno vari insaccati tra i quali la salsiccia.

Origine: Ho ricercato tramite diverse fonti, ma pare che questo detto non esistesse fino ai primi di gennaio del 2009. Posso quindi vantarmi di aver assistito alla sua nascita unicamente insieme al suo ideatore!
La storia è questa. Stavo insieme a mio padre seduto nello studio di casa a Campobasso a chiacchierare dell'evenutalità che io venissi scelto per andare a fare il dottorato a Stoccolma. La cosa sembrava ormai certa anche se ancora mancava l'ufficialità. Io mi mostravo abbastanza sereno sulla possibilità di essere preso e mio padre stava forse per pronunciare il suo solito "per me le partite finiscono solo dopo il novantesimo, quando finiscono anche i minuti di recupero", quando invece si pronunciò con un secco: "Si, vabbuò, ma finché nun ved' u' puorc' accis' iø nun cred' alla sauciccia!".
Secondi di silenzio seguirono, nei quali io capii di aver assistito alla nascita di un detto popolare e lui di potersi fregiare, da quell'istante in poi, del titolo di "Creatore di detti popolari".

domenica 5 dicembre 2010

Non siamo gli unici a lamentarci dei treni

Addirittura in nord europa la gente odia i propri trasporti pubblici.
Quando arrivai in Svezia tutto mi sembrava perfetto: treni puntuali, servizi urbani impeccabili e se sei bravo ad organizzarti in anticipo riesci anche a ottenere buoni prezzi sui biglietti. Poi invece, arrivato l'autunno, ho scoperto che i treni fanno ritardo anche qui e non solo sporadicamente. Pare che in autunno, quando cadono le foglie, non ci sia nessuna maniera rapida di pulire i binari e i treni necessitano di rotaie pulite per poter viaggiare. Cosí i ritardi diventano una costante. Poi arriva l'inverno e i trasporti urbani vanno in tilt. La metro comincia a fare ritardi, gli autobus anche, e le persone si lamentano di tutto ció e distinguono minuti reali e "minuti SL" (SL è la sigla dei trasporti urbani di Stoccolma: Storstockholms Lokaltrafik). Com'è possibile che non si trovi una maniera per rendere regolare il traffico anche con la neve e il gelo in un paese che a queste condizioni dovrebbe essere abituato?
Altro mito caduto è quello della puntualitá dei treni in Olanda. Pare che gli olandesi non siano affatto contenti dei loro treni, che ci siano sempre problemi. Quello che ho sperimentato di persona è che se c'è un qualunque problema tutto il sistema va nel pallone.
Io resto comunque sempre affezionato ai problemi della mia vecchia cara freccia del Biferno, degli espressi e intercity con ritardi incalcolabili e soprattutto al sito web di trenitalia: il sito web di trasporti pubblici più difficile da capire, nonostante sia nella mia lingua madre!

venerdì 3 dicembre 2010

Transizioni di fase #3

Nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre ero a casa, sull'isola, e per una volta non ero tornato molto tardi. Accatastata la legna per accendere il fuoco sulla veranda piú vicina al caminetto, suonate quattro note al piano e cenato con pancake e macedonia, non mi é restato altro che sedermi davanti al caminetto e godermi la serata, rilassarmi e poi mettermi a dormire.
La giornata era stata fredda e se ne prevedeva una ancora piú fredda per il giorno seguente. Erano tre giorni che, attraversando il mare di mattina, io e i miei compagni di casa passavamo attraverso una bruma fumosa che si sollevava dalla superficie marina. La sera lo stesso fumo invece era meno visibile, dato che attraversavamo il mare solo quando il sole era tramontato giá da un pezzo. L'aria era frizzante e io avevo la netta sensazione che qualcosa stesse per accadere. Ció mi era stato chiaro quando, mentre ero in barca, avevo notato piú luminose del solito le luci della cittá verso occidente. Mi parevano piuttosto le luci di una qualche civilitá sperduta in un romanzo di fantascienza ambientato nel futuro. Mi era stato chiaro anche quando, mentre stavo di fronte al camino con Lene e Tim, i miei compagni di casa, mi pareva che stessimo lí di fronte a ripararci dalle intemperie esterne, che il ghiaccio ci stesse avvolgendo. Non mi sbagliavo poi di tanto.
Con tensioni come queste era impossibile andare a dormire per me, o comunque non aveva senso, cosí mi misi a leggere non lontano dalla vetrata del salone.

Da dove sedevo, l'unica parte di mare visibile, nell'oscuritá al di fuori della vetrata, era quella illuminata dalla luce esterna di una casa poco lontano dalla mia. In quell'angolo di Baltico erano chiare le onde che andavano a infrangersi contro la riva per poi ritornare nel mare aperto. Erano passate da poco le tre di notte quando, provando a cercare quelle stesse onde con il mio sguardo, la ricerca si fece vana. Tutto si stava ghiacciando intorno. Il mare scricchiolava mentre la sua superficie solidificava e iniziava a trasformarsi man mano in una distesa di ghiaccio. E io ero sveglio e presente nel momento in cui ció accadeva, nel bel mezzo di una trasformazione di fase della superficie marina. Ho preso a correre da una finestra all'altra della casa, ad affacciarmi fuori, a guardare in tutte le direzioni per poi calmarmi. Ció che si sentiva stesse per accadere era oramai accaduto. La transizione di fase che aspettavo con ansia da qualche giorno era iniziata e sarebbe proseguita nei giorni successivi.

Un chiaro passaggio, dentro di me, dal sapere dell'esistenza di un fenomeno al viverlo, dal guardare al toccare, dal leggere all'interpretare. Dalla fisica alla poesia, che l'una è descrizione e l'altra il descritto, l'una il prima e dopo e l'altra l'adesso, che l'una prende i fenomeni, gli eventi, e li avvicina all'uomo, l'altra prende l'uomo e l'avvicina alla realtá.
E, cosí, la transizione di fase è compiuta.

giovedì 2 dicembre 2010

Transizioni di fase #2

Il fumo marino, o nebbia di vapore, é anche conosciuto con il nome di fumo del mare artico (o antartico), o fumo congelato.
Si tratta di gas che sale dalla superficie marina e crea una nebbia al di sopra di essa. Questo fenomeno si verifica in giornate molto fredde, quando l'acqua marina in superficie viene a contatto con un'aria che è estremamente piú fredda di essa.
Si tratta di una transizione di fase. L'acqua marina, essendo in realtá una soluzione di sali, ha un punto di congelamento inferiore a zero gradi centigradi. Tuttavia si trova a contatto con un gas, l'aria, ad una temperatura inferiore al punto di congelamento dell'acqua marina stessa. Tutto ció porta ad un riscaldamento dell'aria a contatto con il mare: succede quindi che lo strato d'aria a contatto con la superficie marina sia piú caldo, e quindi meno denso e piú leggero, di quello che la sovrasta. Come conseguenza di ció si instaura un fenomeno convettivo: l'aria piú calda comincia a salire fino ad incontrare aria fredda. Quando la temperatura dell'aria è molto bassa, il vapore che sale attraverso strati d'aria man mano piú freddi condensa passando cosí allo stato liquido e creando la nebbia. Quando la temperatura é estremamente bassa, inferiore ai -30 gradi centigradi, il vapore invece va incontro a brinamento (o sublimazione), ossia passa allo stato solido senza passare per quello liquido, dando vita a cristalli di ghiaccio. Si parla, in questo caso, di nebbia ghiacciata.

Assistere a questo fenomeno è qualcosa di molto suggestivo. Un fumo bianco aleggia sopra la superficie marina senza quasi toccarla e sale in maniera irregolare, creando una sorta di velo bianco ondeggiante nell'aria, come se ci fosse qualcuno che, soffiando, lo facesse muovere.

Pian piano poi, al persistere di temperature al di sotto dello zero, il mare continua a cedere il suo calore e si prepara ad un cambiamento di fase.
Nell'arcipelago di Stoccolma la gente dice che dopo tre giorni consecutivi con fumo sul mare il ghiaccio comincerá a formarsi sulla superficie marina. Dicono anche che, quando il ghiaccio inizia a formarsi, si senta un intenso scricchiolío. È il momento in cui i cristalli di ghiaccio, formatisi in seguito all'abbassamento della temperatura al di sotto del punto di fusione, si sistemano insieme per dare vita ad una nuova fase dell'acqua marina.

mercoledì 1 dicembre 2010

Transizioni di fase

Si parla di transizioni di fase quando la materia passa da uno stato di aggregazione ad un altro. Gli stati di aggregazione piú comuni nella vita quotidiana sono quello gassoso, quello liquido e quello solido. Ne sono esempi, rispettivamente, l'aria che respiriamo, il caffé che beviamo, il metallo di cui sono fatte le nostre automobili.
Il mare in cui nuotiamo.
La vita come noi la conosciamo è possibile grazie alla presenza di una sostanza: l'acqua. Alle temperature in cui la vita è possibile, l'acqua puó esistere in tutte e tre le forme suddette e trasformarsi dall'una all'altra.
La forma gassosa é detta vapore acqueo. Quando la pressione aumenta o la temperatura diminuisce in maniera sufficiente, il vapore acqueo condensa, passando cosí alla sua fase liquida, conosciuta come acqua. Il processo inverso si chiama invece evaporazione. La fase liquida puó a sua volta passare a quella solida tramite la solidificazione, e poi ritornare ad essere liquida tramite fusione. Quando l'acqua solidifica diventa ghiaccio.
Alla pressione a cui l'uomo é comunemente abituato a vivere, ossia quella dell'aria al livello del mare, il processo di solidificazione per l'acqua avviene alla temperatura di zero gradi centigradi.

lunedì 29 novembre 2010

Libri di quest'anno

Procedo tra libri lasciati a metá, letti in autobus, in aereo o camminando, nei bagni, a lavoro, in biblioteca e a casa davanti al camino e nel letto con la lampada frontale in testa. Libri dal profondo solco o libri dalla traccia appena accennata.
La possibilitá di un'isola era un obbligo piuttosto che una scelta. È cascato in tutta naturalezza nelle mie dinamiche quotidiane che di quotidiano hanno solo il ritmo con cui cambiano, mi soprendono, mi rinnovano.
Marcovaldo invece é stato di una traccia tanto leggera quanto la sua leggiadría e tanto profonda quanto il tratto di penna di cui é scritto, tanto normale per la sua semplicitá quanto fuori dal comune per la visuale che pone sul quotidiano. Elegante e Calviniano, ossia un gran libro.
Uomini che odiano le donne + La ragazza che giocava col fuoco sono stati lo specchio di Södermalm, Stockholm e la Svezia mentre ero sull'aereo per Pisa e poi per New York. Bello e inquietante, e cosí per una volta un best-seller mi è anche piaciuto.
E poi quelli di cui solo qualche parola mi é scorsa davanti, ma che non ho mollato ancora.
Un mondo perduto - viaggio a ritroso nel tempo é l'altra parte di me, quella che non vede l'ora che il mare ghiacci per potervici camminare sopra e quella che dorme e ha gli incubi quando cammino nei locali fighetti di Stoccolma. Ció che di inimmaginabile puó fare l'uomo e come siano inimmaginabili gli uomini che si spingono tanto in lá, come Walter Bonatti: ecco ció che traspira da quelle pagine. Solco profondissimo, direi.
Extremely close and incredibly loud l'ho iniziato e sospeso a lungo. È ancora sul mio scaffale, proprio cosí come A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again. Sará che sono in inglese. O sará che sono troppo tristi, forse anche capaci di andare in profonditá. Ma il segnalibro mi ricorda bene dove sono arrivato. In realtá A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again l'ho cominciato dalla fine, mi andava di fare cosí e i "I diritti imprescrittibili del lettore" di Daniel Pennac me lo consentono.

Mi sembra inutile fare un elenco di cose vive come i libri. Peró cosí scopro, ad esempio, che non ricordo cosa ho letto fino a giugno. Forse niente? Questi libri sono venuti tutti quanti dopo la fine di maggio. Cinque mesi senza leggere niente, davvero ne sono stato capace? Non ricordo adesso, o non del tutto. Peró ricordo che da quasi un anno nel mio zaino c'é Espejos. Ha girato mezzo mondo (o, per meglio dire, un'infinitesima frazione di mondo) insieme a me facendosi trovare sempre pronto, quando io avevo voglia, e standosene in disparte silenzioso quando io ero distratto. Mi ha sempre raccontato belle storie, tutte diverse l'una dall'altra, e gli sono cosí riconoscente che voglio raccontarne ora una, piccola, anch'io.

-- E s p e j o s --
Me ne stavo con un'amico nella stazione degli autobus "Tres Cruces" di Montevideo, come se fosse la cosa piú scontata del mondo starsene lí ad aspettare l'autobus per Cabo Polonio. Non sapevo ancora che sarei andato invece a finire a "La Paloma", un po' piú a sud sulla stessa costa. A me e al mio amico mancavano altri compagni di viaggio, forse perché da lí a pochi giorni il mio percorso sarebbe volto al sud, il suo a nord.
Lui andó a comprare il suo pallone. Io invece fu cosí che entrai in libreria. Agguantai Espejos. Ne lessi mezza pagina. Mi resi conto che lo capivo bene e che non potevo lasciarlo sullo scaffale.
Lo misi nello zaino e non lo aprii. Lo lasciai chiuso, ad impregnarsi degli odori uruguaiani, in modo che, un anno piú tardi, mi sarebbe stato piú facile viaggiare nel sud del mondo da un qualsiasi autobus in corsa su una strada innevata del nord.

martedì 23 novembre 2010

Cercare paglia per cento cavalli

Detto : "Cercare paglia per cento cavalli"

Fonte: Dizionario non online "Sabatino Del Sordo"

Origine: (a me) Sconosciuta

Significato: Tergiversare, perdere tempo, cercare di mettersi a fare qualcosa di spropositato rispetto alle forze di cui si dispone, e anche, mettersi a dire con qualcuno che, se la conversazione si sposta sul contatto fisico, può diventare pericoloso, ossia, cercarsi mazzate.

lunedì 15 novembre 2010

Lu mar' quagliát'

"Manc' avéssa passá lu mar' quagliát!"
Quando esci di casa vestito un po' troppo pesante, beh, é facile che qualcuno ti si possa rivolgere in tal maniera!
Questa espressione fa riferimento ad un' improbabile occorrenza in cui qualcuno debba attraversare un "mare quagliato". L'aggettivo "qualgliato" indica la solidificazione del mare per il freddo immane. In tal caso, quindi, sarebbe giustificato un vestiario molto caldo e avvolgente e che lasci scoperte solo poche e piccole parti del corpo.
Invece, nel caso in cui l'espressione viene usata, il freddo non è cośi estremo.
In particolare, è tipico che un genitore apostrofi il proprio figlio nella suddetta maniera, laddove occorra che quest'ultimo si vesta in maniera eccessivamente pesante, o magari non di gradimento del genitore stesso, "accumugliandosi" troppo.
L'alternativa, e l'opposto, è il piú comune e semplice "Copriti", la cui alternanza con "Ma c'ha passá lu mar' quagliát'?" dimostra senza dubbio alcuno come, in alcune fasi della vita di un figlio, sia impossibile soddisfare un genitore con il proprio abbigliamento.

Curiositá: Puó capitare che una persona a cui sia stata piú volte rivolta tale esclamazione si trovi poi a vivere in prossimitá di un mare freddo, da attraversare ogni giorno. In particolare puó avvenire che, nell'atto dell'attraversamento marittimo in giorni freddi, in cui il mare inizia pian piano a ghiacciare e solidificare, la suddetta persona si interroghi sull'eventuale eccessiva pesantezza del vestiario indossato. L'ipotetico dialogo con se stesso sarebbe quindi del tipo:
"Oh, ma ch'ággia passa' lu mar' quagliát'?"
"Uhm, in effetti si".

lunedì 8 novembre 2010

Nuovi palazzi che crollano

( Einstürzende Neubauten in concerto - Stockholm, Cirkus )

Profilo di una turbina, ma forse era una fresa. Avrei potuto confonderla con uno xilofono se la vista non mi avesse aiutato.
Pezzi di metallo a qualche metro di altezza in una vasca, poi rovesciata pian piano per lasciarli cadere a terra.
Un doppio ride dal contorno quasi frattale. Il batterista, o percussore, per meglio dire, l'ha sfiorato mentre forse cercava di ammaccare una lamiera che aveva di fronte a se, facendolo inclinare pian piano fino a farlo sbattere a terra. Manca poco che ammazza il cantante. Intanto perseguiva la sua attivitá percussoria di lastre metalliche. Tom e rullanti? No, grazie.
Basso pesante e portante, chitarra inutile.
Un tubo. Una corda metallica, vibrazione pura, grave.
Crolli e cadute, frasi ossessive, voci paranoiche, o in tedesco e col megafono.

Stefano e io, saliti sul tram a Nybroplan, in pochi istanti abbiamo identificato quasi tutti quelli che sarebbero scesi a Djurgarden per andare a prendere posto sotto gli animali disegnati sul soffitto del Cirkus. Animali non umani, invece, credo siano incompatibili con le talvolta insane sonoritá sotterranee della Germania.

Io scettico e assonnato, ma poi preso e infine perso nei pezzi in cui ogni brano si frantumava e da cui poi rinasceva per diventare un pezzo musicale. Metalliche disarmonie.

sabato 6 novembre 2010

Vino e Vinili

Per cominciare, Astronomy Domine, che non fa mai male e che va ascoltata, sempre.
Per continuare, tutto Ummagumma, doppio splendido dei Maestri.
Per cambiare, Selling England by the pound. Musica classica trasformata, progressivamente, in rock.
Per terminare, o proseguire, o ricominciare, ancora devo andare a pescare un altro disco.
Per sfondo la maestosa vetrata sul Saltsjön.

Come al solito mancavo da casa da un po' di giorni. Approdato nella notte sotto un cielo limpido con la mia barchetta che lenta lenta si é portata da una sponda all'altra.

E per condire: Primitivo di Manduria.

lunedì 25 ottobre 2010

25 ottobre

Oggi tra l'altro cade anche un altro anniversario, che autocelebro su questa pagina: otto anni fa prendevo la mia laurea triennale.
Ora, a parte l'inarrestabile declino in cui l'universitá italiana versa fin da allora, è vero che quello fu un momento di inizio per molto di ció che mi caratterizza oggi.
Eppure quel giorno lo sottovalutai, alla grande. Oggi invece lo ricordo come qualcosa di passaggio, si, ma spontaneo, brillante, pieno.

Bene, autocelebrazione finita: avanti con la prossima!

Las Manchas de la Isla

Un año después de haber tocado por primera vez en mi vida suelo suramericano, encuentro, entre muchos papeles sobre la mesa de mi cuarto, ese pequeño escrito.


- Las Manchas de la Isla -

Lo que pasó hasta que llegé a los cuatro mil metros de la Isla del Sol lo recuerdo casi nublado.
Quizás porque hasta entonces yo todavía no hablaba castellano, así que los pensamientos se movían despacio, como mis palabras. Al mismo tiempo los lugares y las imágenes seguían corriendo rápido como jamás hasta entonces.
El tiempo cero estuvo, entonces, en una esquina del espacio en la cual vive la Isla del Sol.
En una escuela, los niños a mi alrededor me preguntaban lo que estaba haciendo y yo intentaba explicar que quería armar un telescopio para dejarles mirar el Sol: una pelota amarilla, o mejor dicho, blanca. Tal vez un poco aburrida, por ser plana, sin manchas: eso era lo que yo creía que íbamos a observar.
En vez el Sol empezó a estar manchado exactamente ese día de finales de octubre, después de que los estudiantes y los investigadores de todo el mundo estuviesen esperando ese evento por mucho tiempo.
Con esos niños bolivianos vimos una mancha, bien marcada en el disco solar, que llenaba de color el telescopio y de maravilla los ojos de la gente.
Al mismo tiempo, ese pequeño punto sobre la superficie solar escribía en mi cabeza : "Se mira para descubrir, se descubre para admirar."
Fue así que, de nubladas, las imágenes que viví pasaron a ser manchadas y luego claras, y mis palabras, paso a paso, más rápidas y siempre más suramericanas.

domenica 24 ottobre 2010

Solo una collezione

La domenica finisce qua, con Crosby Still Nash e Young che fanno trentatré giri al minuto davanti alla vetrata che mi separa dal Baltico. Ieri invece avevo provato a far fare a Billy Joel quarantacinque giri al minuto. Aveva davvero una vocina graziosa, quasi stridente e dopo poco direi proprio supplicante, desideroso di scendere dalla giostra.
Oggi é stata una bella immersione nel "lancio del disco". Sono capitato a vivere in una casa dotata di centinaia di vinili e il mio approccio é il seguente. Prima scelgo gli artisti che mi va di ascoltare, poi prendo un disco a caso. Gli ultimi sono stati i Level 42, peró non é che mi abbiano cambiato la giornata. Non era facile, dopo Billy Cobham e Lou Reed, vero.

Rimane il fatto che la collezione di lp che mi ritrovo in casa non mi piace. Non so, non mi risulta familiare. Ci sono grandi artisti, album splendidi, ma non ha un'anima.
Troppi "greatest hits" credo, cosí mi ci muovo un po' a casaccio. Ne prendo un pezzo alla volta, lo faccio rimbombare nella sala da pranzo e ricarico le energie spese nei precedenti giorni passati in giro. È solo una collezione e il fatto che sia di materiale vinilico non cambia questo dato. Prendo un disco, lo ascolto e passo al successivo. Una collezione di un disco a serata e una decina di dischi per un pomeriggio domenicale. Paradossalmente la musica mia, quella in cui riesco a riconoscermi in un istante, l'ascolto invece con il poco poetico lettore mp3 nell'ancor meno poetica metropolitana. Scandito cosí, è il ritmo della settimana.
Ora Friedrich Gulda sta suonando Beethoven e non posso piú disturbarlo con il ticchettío della tastiera del computer: deve finire il concerto prima che io vada a letto.

venerdì 22 ottobre 2010

Sol

So, after the morning snow here is the afternoon sun.
More shining than usual, because of the thin snow layer still veiling the soil, creating a mixing of green, red, yellow and white in about every lawn of the city. Let's simply enjoy these last days of sunshine, no need of too many words.

Snö

Here comes the first snow of the season in Stockholm.
How many times will I see this show during the next winter?
Which kind of snow am I going to walk on? and to ski on?
And how many snowfalls will I walk through?
Will I remember the last snowfall as well?
Let's now celebrate with a coffee this white dust that will become powder one day. I'm looking forward for it.
For all the rest, I have my winter jacket here with me and I am ready.

giovedì 21 ottobre 2010

Osservatorio, parte seconda

Come raccontato in varia letteratura, le persone hanno spesso due aspetti differenti, totalmente opposti l'un l'altro. Ecco un esempio naturale dell'altro mio lato, tramite una storiella.
Stasera preso da un attacco di "astronomitite" acuta, ossia una veemente necessitá di alzare gli occhi al cielo e osservarlo, approfitto del cielo pulito e me ne vado all'osservatorio. Per la prima volta mi trovo a maneggiare un telescopio da un metro da solo, ad essere l'unica persona che opera sotto la cupola che lo protegge.
Sono fiducioso, ho tutte le istruzioni a portata di mano e so cosa fare. Seguo il manuale passo passo, solo che invece di iniziare ad osservare un oggetto semplice, tipo la Luna, mi dirigo direttamente su una galassia, M81.
Metto in moto il telescopio, questo inizia a muoversi e poi si ferma in una posizione completamente casuale e non ne vuole sapere piú di muoversi. Le provo tutte, riavviare, usare il controllo manuale. Niente. Per fortuna non è molto tardi e posso chiedere l'aiuto di qualcun altro che sta ancora nel suo ufficio, due piani piú in basso. Mi vengono in aiuto due "veterani" del telescopio: le provano tutte anche loro, ma niente. Addirittura, dopo aver mosso il telescopio a mano, questo ritorna automaticamente a puntare nella direzione di prima e da cui non si vuole muovere. Insomma, sono riuscito a mettere, per caso, il telescopio in una posizione da cui è impossibile spostarlo,
Alla fine siamo costretti a muovere questo piccolo mostro da un metro esclusivamente a mano, neanche fosse un giocattolo, un telescopio di quelli che si regalano ai bimbi. E io sono costretto a rinunciare alle mie osservazioni di stasera.
Ora, come si interpreta questo episodio?
Qualcuno direbbe che è sfiga. Non lo é.
Qualcun altro direbbe che è colpa di qualcuno piú in alto. E questo potrebbe essere il caso.
Chi invece mi conosce lo sa qual è il motivo: se metto mano su qualcosa, questo per principio all'inizio non funziona, a prescindere dal fatto che io segua o meno le istruzioni.

Una fabiata come un'altra,
se la vogliam cosí chiamare,
o anche una delsordata,
per meglio definirla.
Ma direbbe una maestra,
dal verbo un po' volgare:
"Hai fatto una cazzata,
sará ora di finirla?"

domenica 17 ottobre 2010

Osservazioni astronomiche

E questa é l'altra storia.
Dettagli tecnici: Osservazione di vari crateri e mari lunari, di Giove, di M31, meglio nota come galassia di Andromeda, di M13, meglio noto come grande ammasso globulare nella costellazione di Ercole, della cometa Hartley, di passaggio al suo perielio.
Dettagli atmosferici: poco piú di zero gradi centigradi, vento forte, seeing moderatamente schifoso.
Dettagli alimentari: due chorizo di mezzanotte al chiosco di fronte al KTH per celebrare le osservazioni effettuate, ma soprattutto perché non avevamo cenato e stavamo cominciando ad autodigerirci.
Dettagli accademici: Alexis é il mio mentore, il che in buona sostanza significa che una volta all'anno dobbiamo avere un meeting ufficiale e gli devo raccontare come va il mio dottorato. Ecco, questo é stato il nostro meeting ufficiale, il che si pone in continuitá con i meeting avuti con il mio precedente supervisor (ma davvero per raccontarli mi servirebbe aprire un altro blog).
Note dell'autore: sensazione di appartenenza, di sentirsi a proprio agio, nonché figata pazzesca.

Un invito implicito

Questa é la storia di un non ritorno a casa.
Perché qualche giorno fa avevo deciso di fare un pomeriggio tranquillo, casalingo, ma poi sono stato attratto da un seminario sull'origine della vita. Il tipo era un buon oratore, ma soprattutto c'era una delle famose discussioni post seminario con birra e vino aggratis. Come rifiutare?
E come rifiutare l'invito ad osservare il cielo con il telescopio dell'osservatorio?
Tra una chiacchiera e l'altra su molecole strane e l'esercizio di aprire una bottiglia di vino con un coltello, ecco che mi ritrovo a parlare di fotografia, di ottiche e sensori, di telescopi e di osservazioni astronomiche.
Viene fuori che il professore con cui sto parlando, Alexis, avrebbe passato metá della serata ad osservare il cielo con il telescopio dell'osservatorio.
"Non posso rifiutare l'invito", penso ancor prima di essere stato invitato.
Dal campus di Frescati ce ne torniamo ad Albanova. Alexis é un tipo con cui le chiacchiere scorrono facili. Arrivati all'osservatorio apriamo la cupola e lasciamo che gli specchi del telescopio si acclimatino all'aria fredda della notte di Stoccolma.
Poi, preparato il tutto, cominciamo ad osservare, ma questa é un'altra storia.

Cinque giorni, poi a casa.

Prendo le carte e mischio.
Osservo il cielo da un osservatorio astronomico -
Me ne vado ad una partita della seconda serie svedese. Meglio la serie D italiana comunque. Pubblico che neanche fossimo il sabato sera in discoteca, praticamente impossibile guardare la partita -
Lunga discussione sull'origine della vita nell'universo -
Corsa vicino al lago (si, ricominciamo) -
Rosso fuoco dell'autunno di Stoccolma-
Il Mercatino di Hötorget.
La solita routine e il fenomeno della scomparsa delle sensazioni quando si lasciano passare giorni prima di scrivere. In realtá è un test sulla veridicitá di ció che ho vissuto. Uno guarda un film sentimentale la notte da solo e sente di avere dentro urla con cui schiacciare il mondo. Il giorno dopo sparisce tutto.
Uno cammina spensierato o con mille inquietudini per una strada qualunque e dopo anni scopre che stava facendo qualcosa di sensazionale. Camminare con un'inquietudine, pensare, decidere una direzione, piegare la vita per renderla rotonda quanto si vuole. Mica capita con facilitá. Mica capita cosí di passare le giornate a progettare il prossimo viaggio, che non é quello nel paese sperduto di chissá quale continente ma quell'altro, piú semplice e necessario, del ritorno verso casa.
Sto una domenica in universitá e d'un tratto mi ritrovo che ho camminato verso il pianoforte piú vicino, quello che c'è in una delle stanze dell'osservatorio di Albanova, per suonare una mezzora su dei tasti che, dio mio, la scala diatonica è un ricordo lontano, ma che, si, ne avevo proprio bisogno.
Quello che non succede se lo progetti, ma capita se gli lasci spazio, è sentire la necessitá di guardare piú in lá e lasciarsi guidare da questa sensazione.
Per questo guardare i crateri della luna è di nuovo un'esperienza fenomenale. Perché so che ci sono, perché vivo ogni giorno a pochi metri dal telescopio con cui li ho osservati qualche giorno fa e perché sono ritornato ad osservarli e mi sono stupito.
O suonare le solite note su un pianoforte stonato mentre nella vetrata vedo il cielo avvolgere la cittá ad occidente con il suo crepuscolare braccio rosso.
Per questo ci provo, ci provo a scrivere, per stupirmi due volte dello stesso tramonto, delle stesse ore passate con buoni amici, per sbattere il pugno sul tavolo e non assopire la mia inquietudine, per sentire cos'è che ho vissuto e metterlo da parte, per mischiare le carte, sceglierne una e scartarla via se non fa parte del mio gioco.

domenica 10 ottobre 2010

Chi té pep' mett' inti' fuogli'

Detto di origine tufarese, per quanto ne sappia.
Come molti altri detti, pare che abbia origine nei tempi di guerra. Da mangiare c'era poco: molti potevano trovare verdura di campo, di qualsiasi genere (fuogli'), mentre solo pochi potevano disporre dell'appropriato condimento (pep') per renderla piú appetibile.
Come molti altri detti si rilegge oggi in chiave differente: spesso il pep' é il denaro e chi ne dispone puó godersi la vita e approfittare di molte opportunitá.
Quindi chi té pep' mett' inti fuogli', chi invece non ce l'ha si deve accontentare.

lunedì 4 ottobre 2010

Contestualizziamo

In genere in queste pagine non commento ció che avviene nel mondo, tranne qualche eccezione. Ne faccio una, breve.
Qualche giorno fa un importante esponente del Vaticano ha detto, a seguito di una imprecazione in pubblico del presidente del consiglio, che la bestemmia va contestualizzata.
Oggi, a seguito della proclamazione del premio Nobel per la medicina, il Vaticano stesso ha criticato tale riconoscimento, perché conferito ad uno scienziato che pare abbia effettuato le sue ricerche senza curarsi di problematiche di carattere etico.
Invito quindi tutti a constestualizzare le bestemmie e a rivolgerle contro il Vaticano e gli ordini religiosi tutti, anziché contro il povero buon Dio che, se esiste, ne avrá le scatole piene anche lui.
Porco il Vaticano.

Vasaparken

After a weekend of rain, Monday and Tuesday have been cold but sunny days. Nevertheless, no time to go to play football in Vasaparken.
Ten minutes walking from Kammakargatan, Vasaparken is a cozy place to spend a sunny afternoon, playing guitar on the grass or having a barbecue, but mostly playing football. There are two fields of synthetic grass on which you can play day and night time thanks to an almost stadium-like illumination system. For free, of course. Then, you can easily imagine, here I have rediscovered the pleasure to play football in a completely spontaneous way, what I usually define as playing football in the street.
People from almost every part of the world come to play here in Vasaparken. Very technical players from Colombia and Brazil, aggressive ones from Ecuador and then people from England, Holland, Jamaica, Senegal, Morocco, Japan. No other italian than me and some of my guest in the summertime, like Antonio and Matteo.

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This was the beginning of a post, exactly one year ago. In the end it didn't go further the stage of a draft but it was still kept in the online archive of the blog. It's now a long time since I don't go playing in the same place, having spent my time strolling in other parts of Stockholm. This morning I was biking next to Vasaparken again, the fields were empty, but still green. When the winter arrives they will of course change their color into an icy white and the football players will be substituted by ice hokey ones.

sabato 2 ottobre 2010

Lampada frontale

La frontale é un aggeggio che uso ogni giorno per tornare a casa.
Mentre cammino di notte guardando nel cerchio illuminato e ondeggiante che mi ritrovo davanti ai piedi il pensiero va in un istante alle notti in campeggio, ai giri in montagna, alle chiacchiere con gli amici, all'attesa per una nuova avventura o a quella per il ritorno alla macchina o in tenda.
Invece alla fine mi ritrovo direttamente a casa, faccio un respiro profondo e spengo la lampada, riassesto la mia immaginazione con le luci del neon, addolcite da quelle di candela.

venerdì 1 ottobre 2010

Approdi

Ció che davvero é unico in tutto ció é il riuscire ad unire viaggio e routine.
Che quando si viaggia non si vive un posto per la mancanza della ripetizione quotidiana dei gesti e dei percorsi, e quando si abita un luogo, il ciclo delle attivitá che si ripete al ritmo di un orologio a pendolo, fermandosi solo quando una ricarica di energie esterne è indispensabile, non lascia spazio alle novitá che un viaggio solo sa proporre. Il viaggio fa incontrare gli abitanti e le loro abitudini, sfuggendone spesso il senso. Gli indigeni vedono i viaggiatori passare senza intuire l'origine né la direzione dei loro cammini. La soluzione pare essere quella in cui un cambiamento di strada, di tempi, di punti di vista, soddisfi il rifiuto di assuefazione ad una cadenza giornaliera nelle proprie avventure.

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Forse sto entrando troppo nella forma "diario", lasciando quella "post", aspirando a quella "ho scritto una cosa che mi piace" e sognando quella epistolare, in cui una parola sia ricevuta da ogni lettore come un cenno ad egli stesso e nessun altro. Scrivere davanti al camino, in riva al mare, dá questi effetti collaterali. Poi finisco a scrivere qualcosa di troppo corto e inconcluso, come questo corsivo, o di inutilmente lungo, come la parola inutilmente in questa frase, anch'essa troppo lunga.

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Dopo aver attraversato il mare approdo sull'isola, piú o meno ogni giorno ad un'ora diversa dal precedente. È un'isola piccola, ma di una certa estensione. Ogni giorno una diversa ora corrisponde ad un nuovo isolano che mi ospita nella sua barca. Barche piccole ed estive o provviste di una cabina di pilotaggio ben riparata dalle intemperie. Ogni barca corrisponde ad un punto di approdo e cosí ad un nuovo tragitto da fare verso casa. Se i sentieri li ho oramai percorsi giá quasi tutti, molte sono ancora le ore del giorno e della notte in cui possa girovagarne attraverso. Poche e sottili le differenze, solo per occhi attenti.
Ieri qualcosa di non calcolato mi ha fatto arrivare a casa solo alle 20. Oggi erano le 21 quando ho messo piede sull'isola e le 21 e 15 quando sono arrivato a casa, l'altro ieri alle sei avevo giá lasciato lo zaino in camera ed ero giá a suonare il piano, pensando a cosa preparare per cena.
Dettagli che non importano a nessuno, di una monotona ordinaria amministrazione che rende vero e tangibile il viaggio in cui mi sto barcamenando.

venerdì 24 settembre 2010

Sempr' c'u' bast'

Questa espressione viene usata per descrivere una situazione in cui qualcuno si é risparmiato nel fare qualcosa, raggiungendo appena un risultato minimo affinché la sua azione risulti accettabile, facendo appena "quanto basta", da cui l'espressione suddetta.
L'avverbio "sempr' " lascia intendere che tale atteggiamento viene spesso ripetuto, non trattandosi quindi di fatto episodico.
Si tratta di una versione alternativa, a volte sostitutiva, dell'espressione "C'ha truvat' u' padron'". Quest'ultima é per lo piú usata nei confronti di persone che, dopo aver ricevuto richiesta di procurare un articolo di cui possono disporre in notevole quantitá, si sono invece limitate ad apportarne una quantitá limitata. Richiama l'immagine di un "padrone" che controlla l'uso e l'abuso delle sue cose, in assenza del quale si é invece liberi di consumarne a profusione, in abbondanza o addirittura in eccesso. È sovente riferito al cibo, a seguito di un insufficiente approvvigionamento.
Esempi:

S:"Quant' si pigliat' all'esam'?"
F:"18..."
S:"Sempr' c'u' bast',eh!"


F:"M' puort' nu poc' e cioccolat'?"
S:"Tié" (portandone un misero quadratino)
F:"Ma che c'ha truvat' u' padron'??"

U' ciucc' ch'í spirtun'

Dicesi di persona che si muove in maniera goffa, forse senza ben sapere dove andare, sbattendo qua e lá contro ció che si trova attorno.
Tale immagine richiama per l'appunto quella di un asino (ciucc') che si sposta con le borse che gli sono state caricate addosso (spirtun') causando danni a destra e a manca.

giovedì 23 settembre 2010

CB - NYC - STHLM in tales #5 - Cosa è stato

Un viaggio tra le velocità più che tra gli spazi.
Le velocità molisane per la partenza, quelle romane per il warm up, quelle delle campagne irlandesi, di passaggio, per ricordarmi della velocità alla quale ero seduto in aereo.
Le velocità di central park, correndo o prendendo il sole, sempre inferiori a quelle dei bus e del train.
Le velocità dell'aria, fresca all'ombra nei parchi, da cottura a vapore sui marciapiedi della metro.
Quelle velocità americane così diverse dall'altra america che avevo visto prima.
Infine le velocità dell'estate nordica, dell'arrivo sull'isola.
Tutto ciò per aiutarmi nella ricerca di quella che è la mia velocità.

Questo è ciò che avrei voluto raccontare, per chi non avesse capito o per chi desiderasse una versione più sintetica di tutto ciò che provo a scrivere.
Scappo a produrre altro materiale da racconto: vado a dormire.

CB-NYC-STHLM in tales #4 - NYC Jazz

Harlem. Più a nord, il Bronx. Uomini e donne seduti agli angoli delle strade.
Ristoranti che si capisce ad occhio che sono impegnati in ben altri business.
Un ragazzo, tale Tishant, che suggerisce a me e ai miei compagni di avventura di tornare più a sud e andare in questo e quest'altro posto.
Soprattutto l'Apollo sulla 125esima strada, Harlem.
La ragazza che ci chiede un dollaro per il biglietto metro.
"Se scavalco mi viene a prendere la polizia". Me che penso per mezzora se possa essere vero.
La stessa tipa che scopre che io sono italiano e mi propone di sposarla.
Me che penso che non so quante ragazze me l'abbiano mai chiesto!
E quante così belle?
E quante di cui non ricordo il nome?
Il tastierista sul marciapiede della metro. Tutti gli altri artisti di strada.
Tutti gli altri artisti intorno a me.
Io che mi sento così povero di musica rispetto a loro.
I ragazzi che cantano per venti minuti nel vagone della metro. Soul. Blues. Rap o qualsiasi altra cosa.
Lo stridere del treno nel suo sgusciare sottoterra. Non ricordo di averlo sentito in quei minuti.
I ragazzi che si divertono. I passeggeri che sono coinvolti da tale naturalezza.
Me che sono un passeggero.

La messicana del museo di arte moderna, dalle mani spettacolari avvolte attorno alla sua reflex. La folla del museo con il suo rumore che fa sparire le persone, con il suo vociare che inghiotte le immagini.

Il desiderio di andare al Greenwich Village per la serata.
Get off the train, go upstairs, make a left and everywhere there are people playing like crazy.
The drummer started his rhythm. Very easy at listening and with a groove you can't tell where it comes from. It starts like smooth jazz, moving then to a latin fusion. The guitarist was playing like a silent and shy rookie and so was the laid-back bassist. It looked like the keyboarder and singer was the only one doing the show. Until they thought it was time to start playing.

martedì 21 settembre 2010

Equinozio d'autunno

Sono ossessionato da questo giorno e potrei riscrivere quanto scritto l'anno scorso. In realtà però sono meno ispirato. Anche oggi la giornata è volata. La pioggia, il sole, le foglie che macchiano di giallo e rosso il prato e tutte le solite cose. Già dette. Ridette. Il gioco consiste nel guardarle in maniera nuova: una regola che si scrive in un rigo, peccato che scriverla non serva a impararla.
Sono già proiettato in avanti. L'inverno e la primavera che mi aspettano mi sembrano inspiegabilmente molto corti, anche se neppure iniziati. L'autunno non lo considero proprio, neanche di transizione. Eppure inizia oggi, con il suo vento che lo soffierà via in un istante, imbiancherà il suolo per mesi e ricomincerà di nuovo a riscaldarsi, tra non meno di mezzo giro intorno al Sole. Ne parlo quasi da spettatore, non rendendomi conto di quanto questa sensazione sia fallace, di quanto questo punto di vista, tra tutti i possibili, sia forse quello più sbagliato.
Vedremo come sarà cambiato tra un anno.

Three rides, Three stories

Gomma bucata alla bici, macchina rotta, l'autostop è quasi l'unica soluzione, di certo la più divertente. Si inizia da ieri mattina. (Ok, ho iniziato già da diverse settimane in realtà). In tarda mattinata per andare in città trovo il passaggio di un tipo che parla poche parole di inglese. Mi faccio ripetere il suo nome un paio di volte ma non lo capisco. Una specie di Lindsson. Macchina piena di attrezzi e puzza di pesce, lui ha una tuta da lavoro addosso. Insomma un operaio che lavora dalle parti di casa mia e che si diverte a pescare. Conosce i nomi delle strade e non parla di destra o sinistra ma di nord e sud, chiedendomi dove devo andare. Riesco a capire che sua figlia va a scuola da queste parti, a Lidingö e, considerato che non parliamo la stessa lingua e il passaggio dura 3 minuti, direi che è anche troppo.
Dopo la lezione di svedese, nel pomeriggio, torno a casa. Un centinaio di metri lontano dalla fermata dell'autobus, al Golfklubb, ecco che mi prende a bordo Daniel, con i suoi due figli e il cane. Una forza della natura. I due piccoli, 3 e 4 anni, quasi mi saltano addosso dai sedili posteriori, pur essendo seduti sui seggiolini e ben protetti dalle cinture. Loro vivono su Tistelholmen, una piccola isola separata da pochi metri di mare dalla sua sorella maggiore Storholmen. Ci sono ben tre famiglie e mezzo che vivono lì per tutto l'anno e sono sei anni che loro ci abitano. I bimbi sono davvero incredibili. Appena scesi dalla macchina fanno a gara a chi riesce a catturare di più la mia attenzione, si fanno prendere in braccio, sorridono, corrono e scalciano nelle loro tutine tutte sporche di terra, con le quali evidentemente giocano e si rotolano nel fango e nell'erba bagnata di questi giorni. Li accompagno alla barca e ci salutiamo fino a che non si allontanano dal molo, mentre io mi accingo ad accendere la mia bagnarola. Pochi minuti che mi riempiono di energia.
Stamattina sveglia presto, cielo grigio, acqua piatta bucata dalle gocce di pioggia. Lascio i miei coinquilini alle prese con le loro bici e chiedo ad un simpatico signore in giacca e cravatta, che sta entrando in macchina, se posso avere uno strappo fino alla prima fermata dell'autobus. "Of course, no problem!" e mi accomodo in macchina. È una parte del "mezzo" delle tre famiglie e mezzo che vivono su Tistelholmen tutto l'anno. "Mezzo" perché quando il Baltico ghiaccia lui e il suo ragazzo si trasferiscono al centro, dato che lui spesso lavora fino a tarda notte in uno dei locali più rinomati della città e attraversare il ghiaccio a piedi da solo ogni notte non è che sia proprio il massimo. Mi racconta di serate con tavoli che costano dagli 8000 ai 10000€, di pazzi industriali che scialacquano solo per il gusto di farsi vedere, di come lui sia a capo di coloro che gestiscono gli ospiti e, anche se oggi inizia una specie di congresso di medici con un migliaio di invitati, non è niente rispetto agli ospiti che ha dovuto gestire per il matrimonio di giugno tra la principessa a il suo aitante personal trainer. Fortunatamente quando si ritira a casa sua può dimenticare tutto ciò e rilassarsi. Davvero un tipo simpatico comunque. "Thanks, see you around", scendo a Tekniska Högskolan, aspetto per un paio minuti il 44 e mi chiedo intanto cosa farò fino al prossimo autostop nel tardo pomeriggio.

mercoledì 15 settembre 2010

Mandare Ulm'

Su richiesta di validi esponenti della cultura molisana, completo qui il discorso fatto sulla passatella e sul significato di "Scart' frusc' e pigl' primer'.

La nota, ed a volte anche abusata espressione, Mandare Ulm' si rifà alla condizione, estremamente sgradevole e discriminante, di colui al quale nella passatella il " padrone " nega ogni possibilità di bevuta. Peggiore ancora, la situazione, se chi va " ulm' " è l' unico del tavolo a non bere. Condizione che richiederà una terribile vendetta. Di quì il significato di andare ulm', come essere l' unico a non beneficiare di una situazione o di una condizione particolare.
Interrogatici sull'etimologia di questa frase, pare che una possibile spiegazione possa essere legata alla presenza, nel sud Italia, di una specie di olmo, Ulmus minor, in grado di resistere anche in periodi di siccità e quindi in condizioni di scarso annaffiamento.
Che poi l'olmo richieda acqua invece che vino o birra è un altro discorso.

(Grazie a Sabatino Del Sordo e Stefano Santoro per testo e delucidazioni)

martedì 14 settembre 2010

Leaves fall

Here in Stockholm this morning it was so windy to make falling lots of almost brown leaves. In the corner of my eyes it appeared to be like snow: it is my projection to winter. In the meanwhile I'm here on the mainland, coming from a big island and waiting to be back on a small one.

Storie di aeroporti

Anche in posti così disumani come gli aeroporti storie carine riescono a nascere dagli atteggiamenti più divertenti degli uomini.
La mia storia personale di stavolta è semplice. Vado all'aeroporto di Trapani con un bagaglio a mano di 11.7 kg. Supero i controlli e mi dirigo all'imbarco, dove una gentile hostess mi aspetta con la sua bilancia di precisione. Comincio a pensarci su e ritengo opportuno comprare almeno una bottiglia di vino nel frattempo. Sistemo i bagagli per bene, i libri nelle tasche della giacca, che tengo sul braccio in disinvoltura, il possibile nelle tasche dei pantaloncini e soprattutto sistempo per bene lo zaino sulla bilancia, facendo si che scarichi un po' di peso sul sostegno laterale di essa. Risultato: 10.1 kg. I 100 grammi di tolleranza sono rispettati.
Allo stesso tempo un ragazzo davanti a me non riesce ad infilare il suo trolley nella gabbia misura bagagli della Ryanair. Io lo osservo e nel frattempo penso che sono abbastanza sudato, pur essendo in pantaloncini corti e maglietta. Lui è con jeans, maglia e piumino. Risistema alla meglio i bagagli, ma niente da fare, la gabbia Ryanair è impietosa nel sentenziare che il suo trolley là non ci entra proprio. Allora decide di riaprire la valigia. Sistema un paio di magliette sotto la sua maglia di lana, si mette intorno al collo una felpa di quelle con la scritta "ITALIA" che si divide sui due lati della zip, poi si mette il piumino e, su di esso, un'altra felpa intorno al collo. Libro in mano e richiude la valigia. A fatica questa entra nel misuravaligie , ma lui soddisfato e tranquillo si può mettere in fila per entrare in aereo. Io nel frattempo non mi chiedo tanto come faccia a resistere con quella temperatura, dato che il poveretto decide di restare così vestito per tutta la mezzora che la Ryanair ci fa attendere in fila. Mi chiedo, invece: la valigia è riuscita ad entrare dove doveva, ma lui ci passerà dalla porta d'ingresso dell'aereo in questa versione omino Michelin?

Scart' frusc' e pigl' primer'

Grazie all'aiuto di grandi esperti del settore provo a scrivere qui il significato di detti, spesso dialettali, che ricorrono spesso nelle mie giornate. Ho l'esigenza di archiviarli da qualche parte e pare che farlo sul web sia la soluzione migliore. - Benvenuta qualsiasi critica o informazione aggiuntiva!!


Scart' frusc' e pigl' primer', chi non l'ha usato almeno una volta nella sua vita! Si tratta di un detto che usa termini tecnici di un gioco che sta a metà tra le carte e l'alcool: la cosidetta passatella.
Questo gioco avrebbe bisogno di ulteriori delucidazioni, essendo impregnato di significati socio-culturali piuttosto profondi, legati, comunque, all' uso ed all' abuso di alcool. In poche parole consiste in un gioco di carte che determina il " comandare " e quindi disporre della " passata ", ovvero una bottiglia di vino o di birra. Il padrone, cioè il vincitore, con il controllo e, a volte, il permesso necessario del sotto, il secondo per importanza, concede tali bevute ad amici ( con maggiore prodigalità ) ed a volte anche a nemici. Il "sotto" è il secondo classificato ed è spesso chiamato a dare il proprio permesso per concedere le bevute, il che gli conferisce un gran valore "strategico-politico": se, ad esempio, un nemico del padrone è amico del sotto, allora il padrone può essere costretto a concedergli delle bevute per evitare che il "sotto", senza il cui permesso il padrone non potrebbe soddisfare i " propri " amici, gli si rivolti contro. Insomma un casino di trame e veti incrociati dal quale spesso nascevano vere e proprie inimicizie nelle osterie. Era, ovviamente uno dei passatempo preferiti dei cultori delle bevande alcoliche.
Ora veniamo al punteggio delle carte. Il punteggio più alto è il Fruscio, cioè quattro carte dello stesso palo; poi segue la Primiera, che è la stessa della scopa e si valuta con lo stesso criterio. Ovviamente le regole di tale gioco non sono univoche e sono suscettibili di cambiamenti magari da un'osteria all'altra. In ogni caso generalmente, se un punto non piace, si può fare uno scarto per cercare di avere successivamente un punto migliore, ossia più congruo ai propri desideri per la passatella in questione. Può quindi capitare che si scarti il punteggio di Fruscio e si riceva quello di Primiera. Da qui il detto che quindi significa che, comunque vada, le cose non cambieranno, perchè, in una maniera o nell'altra, la situazione è la stessa: o padrone ( il Fruscio ) o sotto ( Primiera ). Comunque vada sarà un successo oppure " da questa situazione non si esce ".


(Testo riadattato da quello originale di Sabatino Del Sordo, a cui va un grazie per la consulenza tecnica)

Pagelle

Casteldaccia: Arancino+cannolo+caffè= [9] - Eccellente serata d'esordio.

Bagheria: Crema di Pistacchio+pasticceria varia+caffè= [9] - Si continua da dio.

Cefalù, granita in piazza= [7] - Niente di che, ma comunque inimmaginabile se non si è stati in Sicilia.

Piana degli Albanesi, cannolo= [9.5] - Più che giustificati i 50 minuti di macchina fatti solo per mangiarlo!

Siracusa, metafisica granita sulla "Metafisica Spianata"= [8] - Metafisica, per l'appunto

Marsala, Timballo di Riso+cannolo+granita+gelato= [9] - Il miglior pranzo immaginabile.

Dattilo, cannolo= [9.5++] - Migliore anche dei migliori ricordi.

Segesta

Il grande scrittore Josè Saramago ha scritto che "O viajante volta já", che "il viaggiatore deve ritornare sui passi già dati, per ripeterli e tracciarvi affianco nuovi cammini". Io, che non so ancora come si fa, come si viaggia, cerco di seguire allora le regole scritte da chi ne sa più di me.

Grecità, o grecismo, in mezzo ai campi aridi e bruciati dal Sole Siculo. Il sole qui è sempre a picco, per definizione, anche se le ombre delle colonne del tempio sono ben lunghe già alle quattro del pomeriggio. L'idea che ho in testa è diversa da ciò che trovo. Scopro che c'è il teatro, non solo il tempio isolato dell'acropoli, e lo visito.
Questo è un racconto che vive nel presente, come ogni viaggio e respiro.
Sto prendendo il sole nella parte più alta della cavea. Di fronte a me campagne e poi il mare in lontananza, e seguo lo sguardo nella mia immaginazione fino a San Vito lo Capo e alla baia di Palermo. Mi prendo il mio tempo, come se stessi davvero guardando una rappresentazione, per sentire come meglio posso il posto in cui sono.
Questo teatro davvero non me l'aspettavo e perciò questo è un racconto che vive nel passato, come ogni radice. Inizia in un viaggio lontano in cui passai a pochi chilometri da qui, diretto a Palermo, senza il tempo di fermarmi. Allora iniziai a costruire Segesta nella mia mente. Un altro mattoncino lo aggiunsi dieci giorni fa, passando nello stesso punto, diretto a Bagheria, ancora senza fermarmi. Ora invece sono nel presente e avvicino al tempio. Si, avvicino.
Avvicino e ci giro intorno, scatto un paio di foto a due turiste spagnole e mi siedo al sole, che, andate via le nuvole, avvicina senza problemi. Penso a stasera, a tornare nel sole-che cala-sempre-di-più, ad avvicinare al Baltico. Perciò questo è un racconto proiettato nel futuro, come ogni fine di viaggio, o inizio.

lunedì 30 agosto 2010

A tavola

Ieri ero a tavola a pranzo, o cena, non ho ancora ben capito perchè qua cenano alle 17.
Ero seduto affianco ad un bimbo di quasi un anno. Lui se ne stava tranquillo sul suo seggiolone affianco alla mamma che nel frattempo mangiava. Tutto tranquillo e sereno, senza piangere nè niente giocava con le sue macchinine, i pupazzetti, le posate, il coltello che si metteva allegramente in bocca di taglio...La mia coinquilina l'ha fatto gentilmente notare alla mamma del piccolo:
"Uhm, forse è il caso che lui non giochi con quel coltello ma piuttosto con un cucchiaino, no?" (L'elemento ciucciotto non è contemplato nel contesto)
Io mi accorgo della situazione, gli sfilo il coltello dalle mani (e dalla bocca) e gli restituisco la sua macchinina. In un attimo la mia espressione super preoccupata viene sostituita da una risata sfrenata al solo pensiero di cosa avrebbe fatto mia madre in quella circostanza.
Mi viene invece difficile raccontare la reazione della mamma del piccolo, la sua espressione in una situazione del genere e la sua reattività: per farlo al meglio lascerò un rigo, o meglio tutto lo spazio restante, vuoto.

Mentre torno a casa

Stasera stavo tornando a casa e mi è venuto in mente un episodio stupido, di qualche centinaio di anni fa, più o meno quando avevo quattordici anni.
(Tra l'altro è stupefacente quando ti si presentano davanti dei ricordi che non c'entrano niente con ciò che stai vivendo eppure ti pare che in quel momento tu non possa far altro che ricordare quell'episodio in maniera nitidissima)
Comunque la storia è questa, brevissima. Un pomeriggio stavo parlando con un amico e un altro tipo, uno di quelli che da adolescenti si fanno gli svelti. Gli dicevo che "Stasera non esco, già ieri sono stato in giro tutto il pomeriggio e stasera sto a casa". Sto tipo, della mia stessa età, mi rispondeva: "Sto su un altro livello, io ieri sono uscito la mattina e sono tornato alle tre di notte e stasera esco di nuovo."
Ci pensavo oggi, mentre facevo autostop per tornare a casa.

sabato 28 agosto 2010

Prima o poi.. parte seconda

Per riuscire sempre a sorprendersi bisogna applicarsi, senza dubbio.
Bene, sapevo che sarei tornato a dimenticare le chiavi, non è questo il punto.
Il punto è il tempo, è il modo. È la che uno può sempre migliorarsi.
Ieri sera è il tempo, quando tutto sembrava tranquillo e calcolato. Calcolato da me, sia chiaro.
Il modo è che ora ci ritroviamo con la barca su un'isola e con le relative chiavi, si, su un'altra isola. In pratica sono in uno di quei giochini in cui devi fare il minor numero di viaggi possibile.
Il come è un dettaglio. Le risate che mi ci sono fatto su, quando l'ho realizzato, mentre guidavo la macchina, sono la cosa più bella.
Ma non mi metto limiti: ancora non è finita, sono ancora sulla sponda del mare da cui posso vedere, al di là dell'acqua, la mia bella casetta gialla.

martedì 24 agosto 2010

Taccuini da viaggio

Ispirato da un amico, come sempre.
Compro sta Moleskine, anche perché era più economica delle altre agendine che c'erano in cartoleria. La apro e ci trovo un libricino, un opuscoletto incluso. Roba che ha quasi lo stesso numero di pagine della Moleskine stessa.
Una sorta di istruzioni per l'uso, in non so quante lingue. Credo siano personalizzate.
In una ci puoi trovare scritto "Be Bruce Chatwin", nell'altra "Sii Vincent Van Gogh".
O ancora Picasso, o Hemingway e secondo me anche Sepulveda, Terzani, Gauguin.
Belle, ste istruzioni, soprattutto utili. Ma quelle trovate insieme alla mia, sarà stato un difetto di fabbrica, mi piacciono di più. Erano una serie di fogli bianchi, niente di più istruttivo se vuoi imparare ad usare un taccuino. Così li ho presi e ci ho scritto ciò che ricordavo.
"Fai quello che cazzo vuoi".
La prima pagina del taccuino mi si è poi aperta davanti, da sola.

Dati smarriti

Ieri sera, pensandoci un attimo, mi sono reso conto che un terzo, quasi la metà di ciò che scrivo, è esclusivamente online, su qualche server chissà dove. Un altro terzo, forse metà, è anche in memoria sul mio computer, o qualche hard disk che comunque è in mio possesso.
Solo una piccola parte, o quasi un terzo, ce l'ho invece su carta. Come ciò che stavo scrivendo ieri sera sulla mia agendina da viaggio-città-tuttigiorni mentre ero sul divano.
Quindi, se, per qualche motivo, mi cancellassero qualche account, o i server in cui è immagazzinato ciò che scrivo venissero distrutti, o se, ancora peggio, si perdesse memoria di come leggere i dati elettromagnetici in cui viene trasformato ciò che scrivo sulla tastiera, una buona parte di me se ne andrebbe.
Ma questo post non lo copierò da nessun'altra parte.

mercoledì 18 agosto 2010

CB-NYC-STHLM in tales #3 - Moleskine

lunedì 16 agosto 2010

Prima o poi..

Sapevo già che sarebbe capitato, era solo questione di tempo, di saper aspettare e il rituale si sarebbe ripetuto.

Oggi uscendo di casa mi sentivo più leggero del solito..mi sono accorto di aver dimenticato le chiavi solo quando il viaggio in barca era quasi già finito! Per fortuna il sole mattutino ha reso piacevole la tripla traversata del mare.
E aspetto le prossime dimenticanze.

domenica 15 agosto 2010

CB-NYC-STHLM in tales #2 - Statte cittu!

Questo è perchè, anche se è tardi e il tutto è già passato da un po', uno dei gusti più dolci di un viaggio sta nel sapere che potrai raccontare ciò che vivi in quel momento. Così lo racconto qui.


Scendo dall'aereo all'aeroporto di Shannon e mi ritrovo ad aiutare due vecchietti a portare una borsa. Quasi non mi parlano e quasi non mi ringraziano quando gliela poso dove poi si mettono a sedere nell'aeroporto. Dalle poche parole che sento capisco che sono italiani. Sia ben chiaro, non che parlassero italiano, ma il dialetto me li ha fatti subito collocare in viaggio da qualche posto sperduto del sud italia. Esattamente da Reggio Calabria. Per descrivere questi due vecchietti mi servirebbero troppe righe, e quindi desisto. Anche perchè se scoprissero che li ho apostrofati come "vecchietti" me le suonerebbero. E avrebbero ragione. Due che prendono, partono da Reggio Calabria e vanno a New York: altro che vecchietti. Tipi tosti, direi, che si sciroppano sto viaggione per andare a trovare i figli emigrati in America. Tosto lui, che mi racconta di avere non so che malattia, prende pillole in continuazione e si muove lentamente. Tosta lei, di poche parole e si vede che tiene in pugno la situazione. Sballottàti in giro per l'Irlanda non fanno una piega. Parlano in mezzo dialetto con gli irlandesi dall'inglese più impossibile da capire e sono certo li capiscono meglio di me. Mangiano per cena gli improbabili cibi del pub irlandese vicino all'albergo come se fossero i più navigati dei viaggiatori. Si adattano.
La mattina alle 5 e mezza sono i primi ad aspettare l'autobus che ci riporterà all'aeroporto, non si scompongono davanti all'autista di un autobus che ha la faccia da pazzo, nè di fronte ad un altro autista, che sembra Big George di Pomodori Verdi Fritti, e che chiede di non mettere nel bagagliaio del suo autobus valigie troppo grandi. Dopo pochi secondi lo hanno già convinto che le loro valigie hanno la dimensione giusta.
Ma la scena più bella è stata un'altra. Uno di quei momenti in cui cogli gli equilibri di una coppia, i loro meccanismi, i loro ruoli. Un momento in cui, si, capisci.
5 della mattina. Io esco dalla mia camera dopo aver lasciato la sveglia suonare per mezzora. Mi assicuro di avere con me la tessera magnetica che funge da chiave della mia porta. Per il resto sto dormendo. A pochi metri di distanza vedo i due calabresi trafficare vicino alla porta della loro stanza.
Lei in prima fila, armeggia vicino alla serratura. Lui dietro di lei, che si affaccia dalla sua spalla, alta non più di un metro e quaranta, per vedere cosa sta cercando di fare. La situazione è chiara: vogliono aprire la porta e non ci riescono. Io mi avvicino. Lei traffica con la tessera. Lui la guarda inerme e curioso da dietro, cercando di spiegarle come si fa, forse dicendole che la tessera deve rimanere qualche secondo in più nella fessura. Lei non l'ascolta.
Lui le dice: "Non Tohccarehh!"
e lei (forse anche perché vede che sto arrivando):
"Statte cìttu!!"
In un attimo lo zittisce, mi rivolge lo sguardo, mi indica la tessera, io le apro la porta e mi dice "tenkiù", sgattaiola dentro la camera tirandosi dietro il marito e chiude la porta. E io vado felice a fare colazione.

Transizioni baltiche

Alla fine sta andando così. Che poi non è mica la fine. Lo dicevo ad una mia amica proprio adesso. Lei mi fa che sta in un periodo di transizione e mi illumina sul fatto che pure per me è la stessa cosa. Da un sacco di tempo. Perdincibacco, non me ne ero mica accorto, davvero. Poi come al mio solito relativizzo tutto dicendo che la vita è un periodo di transizione tra il non essere ancora e il non essere più. Mi tranquillizzo e ritorno alle mie cazzate quotidiane.
Comunque dicevo che sta andando così. Che sto sull'isola. Di transizione fino a non so quando. Di transizione ero pure ieri e ogni giorno, quando attraverso su una barchetta il mar Baltico per giungere alla mia bicicletta e pedalare per un bel po' di minuti attraverso i boschi del nord fino a raggiungere questo maledetto centro abitato che si trova qui vicino, di nome Stoccolma, di fatto una città che mi piace, si fa percorrere e mi modella un po'. Come tutte le altre in cui ho vissuto. Sarà un caso.
Comunque sto sull'isola, la sera suono il piano e così pure i pomeriggi, dopo aver nuotato, magari. Nel fine settimana esco, vado in città, incontro gli amici e a notte fonda riprendo la metro, e poi la bici, e poi la barca, attraverso il mar Baltico, attracco al mio molo personale e mi metto a dormire. Non chiudo la porta di casa, non chiudo le finestre. Per chi voglia venire a trovarmi, insomma, non c'è nemmeno bisogno di bussare. La mattina mi sveglio e non devo guardare le previsioni del tempo, anche perchè non l'ho mai fatto. Piuttosto vedere se il mare è mosso. Finora è stato sempre una specie di piscina tranquilla, ma non lo sottovaluto.
Il fatto è che tutto mi pare normale, ossia nella norma, nella misura. Quale sia, questa misura, ancora è da capire. E non ho mai pensato di mettermi a cercarla.
Comunque, alla fine, sta andando così. Che non è la fine, se non la fine di ciò che ho vissuto finora. Sta andando che ho mille arretrati in testa da dover scrivere e che pezzi di questi finiscono in ciò che sto scrivendo ora. Sta andando che questo è uno scritto di transizione, non solo perchè parla di transizioni, ma proprio perchè lo è. Infatti posso anche definirlo così, di transizione, ma il suo carattere rimane sfuggente, vago, indefinito, se non fosse che parlo anche dell'isola, del Baltico e delle biciclettate nel bosco, che hanno spazio tempo e nome ben definiti.
Se non fosse, insomma, per ciò che nella mia vita è di transizione.

martedì 10 agosto 2010

No american movies

There are some hours missing in my days, and among these, the hours I should spend writing.

Yesterday at last I spent a night in my new place. I had a beer while taking a sauna, then I went nightswimming in the Baltic and I played music until late. Complete relax.

Nevertheless this morning, just before waking up, I was dreaming of myself visiting some remote place in the eastern Asia, likely in China. I was together with nice local people when everybody was kidnapped by someone sent by the government. I woke up while I was fighting against one or two guys. Of course they were rather well trained in martial arts. Of course I was winning.

I guarantee it's been a long time since I watched an american movie.

martedì 27 luglio 2010

CB-NYC-STHLM in tales #1 - Dal diario di chi inizia

Gli aerei sono un po' delle macchine del tempo. O almeno macchine dello spazio, questo è certo. Prelevano le persone in un posto umano, le portano in un altro posto umano attraversando zone non umane in condizioni che di umano hanno ben poco. Catapultano in posti afosi individui che si trovavano in lande gelate. In solchi scavati tra grattacieli persone che poco prima erano in un borgo medievale, su mari del sud da valli alpine. O anche da un luogo ad un altro suo gemello sul pianeta. Per fare tutto ciò occorre anestetizzare chi si sottopone a questo trauma. Per questo gli aeroporti si spiegano dicendo solo due parole: tutti uguali. Pian piano ci si addormenta prima di sedersi e allacciare la cintura, ci si sente fermi mentre si è veloci 1000 kilometri all'ora, si legge come in una sala d'aspetto di un dentista, inconsapevoli che l'oceano o qualche altra terra sta scorrendo qualche kilometro più in basso di noi.
Io invece ci penso. Guardo in basso dal finestrino perchè sto passando in una zona dello spazio-tempo in cui non sono mai stato. Non riesco ad abituarmi al non-stupore. Non riesco ad appassionarmi agli aeroporti, e nemmeno ad odiarli. Preferisco lo zaino in spalla piuttosto che la valigia nella stiva, le rotaie piuttosto che le turbine. A 10000 metri non si può che essere inconsapevoli, ogni volta.
Sono da qualche parte quasi al di sopra della Groenlandia mentre scrivo. Anzi no, era l'Irlanda, e adesso è passata più di un'ora dall'ultima frase. L'aereo pare avesse un problema tecnico, un qualche strano odore (e giuro che io non c'entro niente!). Insomma, prima di attraversare l'oceano era meglio fermarsi nell'aeroporto più vicino e così ora siamo a Shannon. Scappo a bere una Guinness.

giovedì 17 giugno 2010

Love Stockholm 2010, that is Such a pretty house and such a pretty garden

Long time I don't write here. In the meanwhile a few things happened:

- I run a Marathon
- I went to Italy
- I met the Woman of my life (for all the others: don't worry, I don't believe there is only one Woman-of-my-life)
- I've spent a lot of time thinking about the next travel to do without reaching any solution. So now I stop thinking to let the solution to easily come out.

But the most important fact is the following. While running around Brunnsviken I realized somebody changed my usual running path. I mean, it has not been possible anymore to run the old one because a fence has been built around a big house in the middle of a huge garden.
Moreover while running I then realized that Stockholm is fulfilled with the words "Love Stockholm 2010". Do the politician want everybody to have free sex? It could be, but however the reason is that the princess is going to get married. So here is the stream of my thoughts:

- The princess is getting married
- The princess is going to live in the house I've been running around
- The princess needs, of course, a big garden
- Every garden needs a gardener. A big garden needs more than one
- The princess needs, of course, a big garden to be happy

Good luck, my dear Prince!

martedì 25 maggio 2010

Mi ci vorrebbe una bella sciata: l'ultima volta é stato due mesi fa.
E poi ho tra le mani adesso un libro che mi attrae ma ne ho lette solo poche righe. Uno scrittore che parla di qualcosa che non fará mai piú, per scelta.
Ora la questione é se io una cosa simile la debba provare oppure no, ci penseró stasera ma senza pensarci troppo.
Va bene, sono stato un po' troppo oscuro e facevo meglio a tenermelo per me, ma ormai é finito quassú ed in effetti anche ció è qualcosa che dovevo raccontare. Non solo ció che vedo fuori, il sole o la neve, ma anche cio che intravedo dentro. Infatti non ha titolo. Vado a sgranchirmi le gambe su qualche strada del centro adesso.

domenica 23 maggio 2010

When the Sun shines Sthlm is the most beautiful city I've ever been

Unfortunately today it's rainy, it's seems the rain came together with me from Kraków. But it doesn't matter at all, I'll anyway go running in a while. I've never had a weather-depending attitude and in this sense I'll never be a Stockholmer.
Plan for the next two weeks (it's easy when everything has already been written):
-not drinking too much
-regular excercise at gym
-at ease
-eating well
-keep in contact with old friends
The 5th of june is on its way.

It's still grey, ok, I should have written this a few days ago. But what happens if it stops raining at, let's say, 8 pm? That you still have hours of sun thus alleviating the distance with the day to come, and when the Sun shines Sthlm is then the most beautiful city I've ever been. Fond but not in love.

giovedì 13 maggio 2010

Appunti di fine anno

Sarà che è il mio compleanno, mi va di fermarmi un attimo prima di andare a dormire. È tempo di fare un riepilogo di ciò che ho capito durante quest'anno appena concluso.


Mi piace stare nei barrini dove si suona jazz e mi piace quando il batterista usa le spazzole

Mi piacciono i concerti Rock

Mi piacciono le bionde svedesi. Anche perchè non capisco ciò che dicono (e tutto ciò lo scrivo in italiano)

Andrò a vivere in Sudamerica

Non si mangia bene solo in Italia, una volta che ti sei abituato.

Mi troverò sempre a mio agio con una minoranza

La solitudine mi serve come mi serve il silenzio

Mi addormento meglio se non c'è silenzio

Mi intrigano i tempi dispari, mi piacciono quelli pari e un tempo giusto è più importante di una nota giusta

Mi piace fare shopping (tempo giusto: 5 minuti)

La birra tedesca è migliore di quella belga che è migliore di quella ceca che è migliore di quella tedesca. Aspetto la polacca.

I locali che, quando avevo 14 anni, avrei dato alle fiamme esistono sempre. Se avessi seguito il mio istinto avrei di certo dato fuoco anche a un trentunenne come me.

Sulla mia scrivania non ci sarà mai ordine o, per meglio dire, nel mio ordine non c'è una scrivania ordinata.

La varietà, la diversità del mondo è bella perché ci rende tranquilli di poter trovare ciò che più ci si addice.


Tutto il resto, lo ammetto, ancora non l'ho capito. Appuntamento all'anno prossimo.

mercoledì 28 aprile 2010

Citations

-"Let's set the meeting. Get our informers to find out where it's gonna be held."

-"I want just you to know that the one saying this garbage is friend and collaborator of the person we are going to meet tomorrow."

-"Well, but I do believe we should find a way to cooperate, don't you think?"

-"We speak different languages, guys, and they use the wrong one."

-"Look, we are all reasonable men here. We don't have to give assurances as if we were lawyers."

-"We're all grateful to *** *** for calling this meeting. We all know him as a man of his word. A modest man who will always listen to reason."


(cit. from an astrophysicists weekly meeting and "The Godfather")

martedì 27 aprile 2010

Un'idea

L'idea m'era venuta l'altra notte, mentre non riuscivo a dormire.
"Domani mi alzo e lo faccio."
La mattina però mi dimenticai di iniziare, come a voler partire dal seguito.
Continuai, allora, pensando di essere già a buon punto, ma no, no, guardando indietro ero sempre al solito punto, a prima dell'inizio.
Mi toccava aspettare un nuovo mattino quindi, per cominciare la stessa cosa.
Nel frattempo era sera però, e ne avevo iniziata un'altra. Mi serviva prendere appunti sul da farsi per il giorno dopo, così avevo cominciato a scrivere. Ero a metà quando me ne resi conto, anche se non sapevo di essere già a metà cammino. Però il tutto era costruito male: il giorno dopo non avrei mai capito cosa avrei dovuto fare. Misi un punto. Strappai tutto senza pensarci più.
Ecco che, così, l'idea, semplice, mi venne in testa:
" Prendi e scrivi ciò che ti passa dietro gli occhi, prima che fugga via mentre guardi fuori."
L'idea m'era venuta l'altra notte, mentre non riuscivo a dormire. Iniziai subito e la mattina, quando avevo finito, fui libero di fare colazione e andare a letto. Non mi serviva aspettare una nuova notte per andare a dormire.
Sognai, di quei sogni veloci-disturbati-profondi che si fanno di giorno, che hai sognato ma non sapevi cosa fosse. Sognai di avere un'idea e sapevo che da sveglio l'avrei dimenticata. Così la scrissi.

sabato 24 aprile 2010

Autobus notturno

"Ieri sera prima di addormentarmi avevo pensato che oggi avrei fatto qualcosa di diverso".
La cosa buffa è che lo dice una quasi settantenne sull'autobus notturno che mi riporta a casa dopo il venerdì sera, e lo dice nel sonno. Mi sa che le è toccata una giornata uguale, invece. Ma ci spera ancora.
Invece i ragazzi stanno seduti due file dietro a ciancicare gli effetti delle loro birre. La strada è la stessa di ieri sera, forse il sedile fa la differenza. O dipende dall'uomo che l'aspetta alla fermata in cui lei scende, due prima della mia. Troppo poco per sperare che la sostituisca una ventenne con le stesse parole sonnambule.
Ad ogni modo il mio biglietto vale anche domani: riprenderò la stessa corsa.

venerdì 9 aprile 2010

Lofoten#ultimo - Le solite storie

Il prezzo dello Skipass

All'ufficio skipass degli impianti di Tromsø la signorina forse non pensava di vedersi arrivare due italiani nel giorno di Pasqua. Finisce le sue faccende al computer e viene a servirci. Giornaliero o 3 ore? decidiamo che ci bastano 3 ore di sci, anche perché con il giornaliero scieremmo solo mezzora in piú e avremmo 20 euro in meno in tasca. La signorina peró continua ad essere disorientata. Alla sua macchina per i pagamenti con le carte di credito non piacciono le Maestro,le Mastercard e tantomento un'American express gold. Provo con la mia Visa, emessa da una banca nervegese. Neanche questa va bene. Mentre mi chiedo quale carta di credito possa mai funzionare qui, lei mi porge due skipass.
-"Ma come?" le chiedo, pensando che mi avrá fatto pagare una commissione esorbitante anche se io non ho firmato un bel niente né ho inserito il mio codice.
Lei peró insiste. Passa un secondo, mi accorgo della soddisfazione sul viso di Matteo e mi sento uno scemo a non aver capito subito che la signorina ci ha gentilmente fornito due giornalieri gratis! Una cosa del genere mi sembrava impossibile quassú, ma invece no!
Cosí, aggratis, possiamo goderci i comodissimi e nuovissimi skilift ad ancora di Tromsø che ci trainano su piste superghiacciate.

-" Matte, ma tu sei comodo a salire con questi aggeggi che ci tirano su??"
-" Fa', queste sono le salite piú faticose che abbia fatto in questo viaggio!"
E questo é il vero prezzo dello skipass.

Sauna a Kiruna

- "Quando arriviamo a Kiruna ci sará una sauna, diamine, siamo nella lapponia svedese!"
In Norvegia era stato impossibile trovare una sauna, cosa che invece davamo per scontato. Cosí, sulla via del ritorno, per farci una bella sauna progettiamo di arrivare un po' in anticipo a Kiruna, dove dobbiamo restituire la macchina noleggiata e prendere il treno per Stoccolma.
Niente, anche qui tutto chiuso. Saune pubbliche, hotel: a pasquetta qui é veramente il deserto. I pochi ragazzi in giro hanno delle facce desolate e la cittá é davvero da far west, che se non ci fosse la neve ci sarebbero i rotoloni di polvere a percorrere le strade spazzate dal vento.
Va bene: un po' rassegnáti, lascio Matte alla stazione, con tutti i bagagli, e vado a riportare la macchina al noleggio. Invecchieremo un'ora, o poco piú, nella semideserta stazione di Kiruna.
Il caso vuole che debba lasciare le chiavi della macchina alla reception dell'hotel Scandic. Lo stesso caso vuole che la receptionist sia carina, gentile e simpatica e dica che si, é possibile fare un'eccezione e farci fare la sauna nell'hotel, anche se in realtá sarebbe solo per ospiti. Matteo é in stazione con tutti i bagagli, il treno é tra poco piú di un'ora. Che fare?
Sempre il caso vuole che la nostra testa non funzioni cosí bene, oppure funzioni troppo bene, non so. Cosí, senza esitazioni, dico alla biondinaocchiazzuridighiaccio che sarei tornato in pochi minuti, passo alla stazione, informo Matteo, lasciamo i bagagli incustoditi sulle panchine affidandoli all'attenzione di due tedesche un po' tonte (alle quali diciamo che "Siamo costretti a lasciare la stazione per una mezzoretta") e andiamo diretti alla sauna.
Risultato: sauna iper calda a 105 gradi, o piú. Relax post sauna sulle sdraio di un hotel deserto, connessione wireless scroccata all'hotel stesso e, tocco finale, partita a ping pong nella palestra. Quando finiamo la partita ci rendiamo conto che in 15 minuti abbiamo il treno per tornare a Stoccolma, non sappiamo se ritroveremo i nostri bagagli e in fondo non sappiamo neanche quale strada si debba fare per andare a piedi alla stazione. Ma siamo troppo stanchi e soddisfatti per stressarci. Il treno ci aspetterá, cosí come i nostri sci, snowboard, zaini e piccozze.
In fondo, per quale ragione non dovrebbero aver voglia di continuare a viaggiare con noi?

domenica 4 aprile 2010

Aurora Borealis

Just back from skiing, I was undressing to take a shower and Matteo tells me:
-"If you put your socks outside you're gonna be the cause of northern light!"

It was a week we were waiting for it and still it had to show up.

In order to not be wrong I decide to put outside my shoes as well.

The green has come out very well, as well as its dynamic structures, gradations and bows running across the whole sky.

These are the effect of skiing.

sabato 3 aprile 2010

Aurora Borealis

Appena tornati da sciare, mentre mi cambio, Matteo mi dice
-" Se metti i tuoi calzini fuori dalla finestra viene fuori l'aurora boreale."

Da un settimana l'aspettavamo e ancora non l'avevamo vista.

Io, per non sbagliare, metto fuori anche le scarpe.

Il colore verde e' venuto bene, e le strutture dinamiche, le sfumature e gli archi a tutto cielo.

Gli effetti dello sci.

giovedì 1 aprile 2010

Lofoten#6 - Å i Lofoten e Nusfjord

Abbiamo voglia di un'altra sciata, ma in realta', dopo lo spuntino in riva all'oceano, abbiamo voglia di fare un giro a vedere altri lati delle Lofoten. Attraversiamo cosi' in macchina Vestvågøy, Flakstadøya, Moskenesøyain mezzo a posti che sembrano usciti da un romanzo fantasy.
Nusfjord, deserta e inquietante. Le spiagge di Fredvang, circondate da montagne e con una luce meravigliosa. Å i Lofoten, l'ultimo villaggio delle Lofoten, deserto come tutti gli altri.
Ma cos'e' che ci resta piu' impresso? Siamo in un posto dove il mondo sembra stia per finire, sia chiaro, con il grigiore delle nubi che creano giochi di luci quasi apocalittici.
Ci resta impresso il vecchietto che guida la sua auto piccolina, di quelle che si usano per spostamenti cortissimi e di cui ora non ricordo il nome. La guida sulla strada di Å, su neve e ghiaccio e in galleria, senza problemi.
Ci restano impresse le sane risate fatte a Nusfjord, posto in cui non c'e' letteralmente un'anima viva. Facciamo due passi e andimo al cafe' indicato dalle insegne?
"Mi hanno detto che non c'era posto", mi dice Matteo di ritorno dal cafe'. Io lo aspettavo nel porticciolo locale dove avevamo parcheggiato la macchina in divieto. Ma abbondano solo i gabbiani e non credo ci multeranno! Sembra un film di Hitchcock. Poi camminiamo un po', attorno ad ogni casa non ci sono tracce di impronte da nessuna parte sulla neve che le circonda. Cosi' cominciamo a sparare cazzate sulla fine surreale che ci attende, sui tremendi vigili di Nusfjord che puniscono con la morte chi parcheggia in divieto, sul fatto che troveremo la strada sbarrata e non riusciremo ad uscire dal paese, sul fatto che per sbaglio siamo entrati in un romanzo di Agatha Christie...
Ad un certo punto realizziamo che se vedessimo qualche essere umano ci spaventeremmo!
Allora meglio riattraversare tutte le Lofoten e tornare a prepararci una bella cena, va!

Lofoten#6 - La spiaggia di Flakstad e l'Hustinden

Di tutte le montagne, i picchi, i valloni e i canali che ci sono in giro da queste parti uno mi ha colpito piu' di tutti gli altri. Non e' la montagna piu' alta ne' la piu' aguzza. L'Hustinden e', come le sue sorelle di qui, a picco sul mare, ma e' un panettone o poco piu'. In questa stagione le montagne della Flakstadøya cominciano a perdere il loro bianco che si ritira fino a rimanere solo nei canali. L'Hustinden e' una delle prime montagne che vedo in questa condizione, forse perche' lo scorso inverno e' stato particolarmente generoso in termini di neve.
La vedo dalla spiaggia di Flakstad. una spiaggia in piena regola, con tanto di campo da calcetto. Su neve, adesso. Un posto surreale, circondato da cascate di ghiaccio e mare, costeggiato da una strada su cui passa una macchina ogni tanto e cammina qualche signora dalla provenienza ignota quanto la sua destinazione. Un po' piu' in la c'e' una chiesa e un cimitero. Tutt'intorno, fino a perdita d'occhio, monti. E in primo piano L'Hustiden, mezzo verde erba, mezzo marrone terra con strisce bianche che cadono fino all'oceano.
Mi ricorda i canali appenninici, le montagne sui cui devi andarti a cercare la neve, le mie prime sciate in mezzo ai monti, monti in cui se ti stanchi, puo' capitare che facendo solo pochi passi tu possa sederti sull'erba per riposarti un po'.
Come sempre la bellezza delle cose sta nel riconoscere qualcosa che portiamo dentro.

mercoledì 31 marzo 2010

Lofoten#6 - I diversi elementi

I ragazzi svedesi che ho incontrato ieri salendo al Rundfjellet per oggi propongono una sciata tranquilla su un versante meridionale a picco sul mare. Come dire di no? Una salita veloce ci conduce in vetta al vallone che vogliamo sciare, poco piu' a sud-ovest di Kabelvåg. Il Sole di oggi e' limpido e la neve meravigliosa. Il vallone finisce in poco piu' di un attimo purtroppo e Matteo, David, Johan e io puntiamo diretti verso la strada dove Frida ci aspetta alla macchina. Gli svedesi pero' forse si fraintendono tra di loro e dopo pochi minuti di cammino arriviamo ad un parcheggio vuoto. Vuoto, ma in riva al mare. E' un attimo. Attraversiamo un tratto nevoso che finisce direttamente sulla spiaggia, modellato dalle maree con il loro salire e scendere. L'aria di montagna si trasforma in un attimo in odore di mare, la neve in sabbia e dopo la goduria della discesa si, sono un po' disorientato.
Anche in una terra cosi' estrema i contrasti e sono cio' che piu' rimane impresso. Sara' banale sentirlo ma non lo e' il vederlo davanti e respirarlo di persona.

Lofoten#5 - Kinds of snow


Powder

This orgiastic kind of snow is the one you're heading to ski on endless and rolling in it. It's useless for snowball fights because one can't compact it, you rather sink in it and while skiing it's a real easy-turning snow. It enters underneath your winter jacket and it makes you feel fine. Unfortunately it can't be found always. Usually one can find it just after it snows when it's very cold, in the wintertime. It's a pure snow because it's not wet and then it's light, because it reduces the noise of the skier which is turning and it allows to leave very deep tracks where one is passed with his own skis.



Firn (also known as Corn)

This is the spring snow, the one which has been exposed many times to the sunlight and many times froze while being in the shade. This kind of snow allows one to ski on very steep couloirs without any fear of avalanches and with an excellent grip. The blanket of snow is made by a hard layer laying below few centimeters of soap-like consistence, that is what is needed to produce some sound while turning with skis and to leave a track behind.



Mush-like Snow

when the snow mantle contains a huge amount of water then we can talk about mush-like snow. It could happen on the south faces of the mountains in the late day in not so cold times. This kind of heavy snow can be well defined either as " Snow of the lazy-morning skier" or " Snow of the "I ski with every type of condition" skier", but actually it could be found even in little parts of downhill with a good snow mantle.



Crusty Snow

The day I'll be able to ski crusty then I'll be happy about myself!
It's composed by a very soft layer below a hard one. This upper layer is not so hard to be able to support the weight of the skiers without breaking, catching the skis and decide, instead of the skier, which direction they have to take.



Icy Snow

Winter snow not to be encountered on very steep routes and on the turns of the mountain roads. Sometimes it's so hard that, when on a mountain, crampons are needed to climb as well as to go downhill. When it's not that hard it could be nice to be skied, but remember to not fall otherwise you'll be suddenly at the bottom of the route without skiing.



Urban Snow

Traffic gets crazy, children are excited, schools close in the cities of the south. When it stops falling everybody ask themselves whether or not it will snow again, somebody go out to discover the never-walked streets a stone's throw from home.
Then it gets dark, black, it's put aside and it let everybody go back to the daily sleep.



Nordic Snow

There are deep feelings and a hidden culture behind the word snø (or snö, if you are in Sweden). It's not put away from streets and it's completely obvious to see it falling down. it could be present in a city for several months in a row and even longer on mountains. It's a basic elements of woods for a long period of the year, it dumps down frictions and it might blunt enthusiasm as well as cushion any animation for somebody else.
Note: If you come from the South the cushion effect doesn't work, indeed you are enthusiastic about the every-day walk on the snow.


On-piste Snow

Snow curated and treated in order to be skied in the best possible way. It's cool, but there too much make-up for me to have good feeling.


Mixed Snow

Crust, ice, powder and mush: you could find altogether these kinds of snow when having very long ski tours on the Alps and, above all, on the Appennino. In Lofoten it could usually be found no more than two kinds of snow for a tour, and when there is mush you can easily find something better to do.


The Snow modeled by the wind of Matese

I come from a place in which you have not so much time when it snows. Powder suddenly disappears, the wind blows the ridges of Matese and it leaves no more than a few centimeters cover of very hard snow on which you must use crampons. You'd better either go to ski just after it's snowing, or wait some days more: hopefully the snow it's a little bit softer and it's possible to do some turns.
Nevertheless it's possible to go on this kind of snow even without neither crampons nor skis nor technical boots. It's enough to be 17 years old, to have at least a real friend and to be eager to look beyond the ridge.

martedì 30 marzo 2010

Lofoten#5 - Nevi


Neve polverosa

E' la neve orgiastica, da sciare all'infinito e da rotolarcisi dentro. Non ti consente di appallottolarla per fare palle di neve ma ci affondi dentro e curvi senza fatica. Ti entra sotto la giacca e ti da' tranquillita'. Ma non puo' esserci sempre. Si trova in genere subito dopo le nevicate quando fa davvero freddo, in pieno inverno. E' una neve pura perche' non umida, quindi leggera, perche' attutisce il rumore dello sciatore che curva e fa lasciare tracce profonde laddove si e' passati con i propri sci.


Neve trasformata

E' la neve primaverile che e' stata esposta tante vole al Sole e altrettante volte ha rigelato quando era all'ombra. E' la neve che consente di sciare sui canali ripidi senza paura di valanghe e con un'ottima tenuta. Il fondo in genere consiste in uno strato duro sovrastato da pochi centimentri di consistenza simile a quella di un sapone, ossia quanto basta per far sentire il rumore degli sci che curvano e lasciare una traccia dietro di se.


Neve-pappa

Quando il manto nevoso ha una grossa percentuale di acqua allora si e' in presenza di pappa. Puo' capitare sui versanti meridionali delle montagne in tarda giornata nei periodi non freddi. Questa neve pesante puo' essere definita "neve dello sciatore che si sveglia tardi la mattina" o "neve dello sciatore che deve sciare ad ogni costo", ma in realta' la si puo' trovare anche in brevi tratti di discese con neve buona.


Neve-crosta

Quando imparero' a sciare laddove c'e' la crosta allora saro' contento di me!
Strato molle sotto uno strato rigido, ma non abbastanza duro e spesso da sostenere il peso dello sciatore senza rompersi, catturare lo sci e decidere, al posto dello sciatore, la direzione da dargli.


Neve ghiacciata

Neve invernale da evitare sui percorsi ripidi e nelle curve delle strade di montagna. A volte talmente dura che, in montagna, occorre mettersi i ramponi per salire e anche per scendere. Se pero' non e' cosi' dura puo' risultare piacevole da sciare. E' bene non cadere pero' per non ritrovarsi a valle senza aver sciato.



Neve di citta'

Il traffico impazzisce, i bambini si esaltano, le scuole si chiudono nelle citta' del sud. Quando smette di cadere tutti si chiedono se ne cadra' ancora, qualcuno esce per riscoprire le strade dietro casa mai attraversate. Poi diventa nera e, messa da parte, lascia che ognuno ritorni al proprio sonno quotidiano.


Neve del nord

Uno stato d'animo e una cultura nascosta dietro la parola snø (o snö, se si e' in Svezia). Non viene tolta dalle strade ed e' del tutto ovvio vederla cadere. La puoi avere in citta' per diversi mesi consecutivi e sulle montagne per ancora piu' tempo. E' parte costituente dei boschi per un lungo periodo dell'anno, attutisce gli attriti e puo' smorzare gli entusiasmi, nonche' ovattare gli slanci verso le altre persone.
Nota: Se vieni dal Sud non ovatta un bel niente, anzi ti esalta sentirla ogni giorno sotto i piedi.


Neve da pista


Neve curata e trattata perche' la si possa sciare al meglio. Figa, si, ma con troppo trucco per i miei gusti.

Neve mista

Crosta, ghiaccio, polvere e pappa le puoi trovare tutte insieme in qualche sciata bella lunga sulle Alpi ma soprattutto sugli Appennini. Alle Lofoten in genere trovi non piu' di due tipi di neve per sciata e quando c'e' la pappa puoi trovare di meglio da fare che mettere gli sci.


Neve ventata del Matese


Dalle mie parti quando nevica hai poco tempo a disposizione. La polvere se ne va via subito, il vento spazza le creste del Matese e lascia pochi centimetri di neve durissima, sul quale non puoi che usare i ramponi. Meglio uscire a sciare subito dopo una bella nevicata o aspettare qualche giorno in piu', sperando che la neve abbia mollato un po' e sia possibile fare qualche curva in discesa.
Tuttavia e' possibile andare su questa neve anche senza ramponi, ma anche senza sci ne' scarponi tecnici. Basta avere 17 anni, almeno una amicizia vera e voglia di guardare quello che c'e' sull'altro versante al di la' dalla cresta.
 
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