venerdì 21 dicembre 2012

Scrivere


Perché scrivo?

Potrei scrivere una miriade di volte su questo tema e credo che alla fine sarà proprio ciò che farò.
Perché scrivendo trovo altre ragioni per scrivere.

Scrivo per lasciare sfogo alle inquietudini che prendono forma in qualche luogo nel mio petto e per sfruttarne le tensioni e dar loro la forma che più si addice alla mia vita.
Scrivo per imparare a plasmarle con una forma sempre piú simile a quella che io penso che abbiano. E a quella che io voglio che abbiano.

Scrivo perché mi possa rendere conto che, quando avrò finito le parole, saranno svanite anche le mie tensioni interne. Oppure sarò stato così bravo da aver trovato un'altra maniera per convivere con esse, esserci seduti ad un tavolo a bere del vino di casa da bicchieri di terracotta, darci del tu. Fino a quando, ubriaco, avrò altre visioni da raccontare e potrò tradire il mio vecchio io con una nuova passione.

Scrivo per imparare a raccontare, o almeno provarci. Raccontare ciò che conosco e che voglio conoscere, la linea che percorro nelle mie giornate e che traccio nella mia unicitá spazio-temporale, seppur inutilità cosmica.
Non potrei raccontare nient'altro, o comunque non mi interesserebbe farlo.
Se anche la maggior parte dei momenti che compongono la mia vita è simile a quella degli istanti vissuti da milioni di altri esseri umani, non vale la pena di cercarvi qualcosa di mio, speciale? Di intrufolarmi nella loro struttura miscroscopica per scovarne i chiaroscuri che non si lasciano trovare da uno sguardo distratto? Le piccole pieghe che li rendono sgradevoli, o che stuzzicano i nostri sensi per il semplice fatto di esistere, evitando alla vita il piattume che continuamente vi cerchiamo? Se anche le parole fossero sempre le stesse, il loro fluire genera mutazioni strutturali: le parole sono unità mutevoli, pur apparendo come entità imperiture, iperuraniche. Eppure possono cambiare su scala temporale umana, così continuando il processo per cui un nuovo linguaggio nasce per gemmazione dal precedente.

E poi, si, scrivo perché scrivere mi fa vedere le cose in maniera nuova. Scoprire nuovi movimenti nelle cose. Nuove dinamiche. Nuovi dettagli. Immaginare storie. Trasformare i volti che popolano le mie giornate in personaggi romanzeschi, o anche il solo pensarne le vite quando escono fuori dal mio campo visivo. Poi scriverle in maniera spontanea, o pensando e ripensando ad ogni parola.
Scrivo costruendo con cura il flusso delle lettere attaccate e staccate le une delle altre, o lasciando che esse si riordino come credono.

Scrivo anche se a nessuno interessa che io lo faccia, a volte nemmeno a me.
Un giorno potrebbe essere bello raccontare qualcosa che interessi anche qualcun altro.
Ma so di non essere sempre consapevole di tutto ciò che si nasconde in quello che lascio scritto.
Un giorno potrei scoprirlo buio e insignificante, o luccicante.
Scrivo per il lettore che potrebbe imbattersi nelle mie parole, per la possibilità di un incontro, per raccontarne di reali e immaginarne di nuovi che avverrano.

Devo prendermi il mio tempo. Che sia un rigo o quanto mi serve.
Il mio spazio, di notte o di giorno o quando la notte si fa giorno.
Perché, se non mi prendo il tempo per accarezzare, con la dovuta cura, la donna che stasera siede sul  mio divano, questa scapperà svogliata con un "inutile serata" stampato nella sua pelle, e io mi odierò. Perché, scegliendo il tempo giusto, le stesse mani possono lasciare una scia di pelle d'oca dopo il proprio passaggio. Goosebumps, mi piace di più dirlo così.

Penso che avrei dovuto dormire stasera. O almeno avrei potuto raccontare di qualche sogno in cui mi sono imbattuto durante le scorse notti. Li ricordo sempre, e poi, mai piú.

È, invece, andata cosí. Scrivendo.

giovedì 20 dicembre 2012

Heading Home - 2012


Towards the city where a snowfall is magic
from the city where a snowfall is impossible

The city with the frozen sea
The city with the never-frozen sea
The city with the frozen lives

It's time to travel again, from the island that feels like home, to my home, that indeed feels like an island. I've came across many new routes and, what really matters, new states of mind. Better to write it loudly, so that I will remember that it's still possible to experience completely unexpected situations. Always. And always beyond my imagination.
This year has been that of a deep excitation on the slopes of the Volcano, on the fragile surface of my deepest feelings, on frozen ideas of warm worlds, the year of the longest travels on the shortest distances, of the high pace of my heart beating while sliding down and down and up and down and up and up and up, of the deformation of time, when the same moments were running fast and standing still and I felt stretched and lifeless and homeless and meaningless, but never useless.

Now that my speed is again high enough, here would come the time for a break, here will come the time for a new journey, starting on the route heading Home.

No more unknown places for this year, now I'm just heading Home.

martedì 18 dicembre 2012

Mustaccioli

Da un messaggio scritto poco fa ad un amico, mentre mangiavo dei dolcetti, chiamati mustaccioli, comprati in un forno vicino casa:

"In Sicilia sto mangiando della roba che, in altri paesi, non hanno neanche nell'iperuranio della loro cultura gastronomica!"


giovedì 13 dicembre 2012

La terrazza dell'osservatorio

Acchianare all'osservatorio.
Da qui affacciarsi sulla terrazza che dá sul mare e su tutta Catania.
In una cornice di ulivi e fichi d'india, con la vista che si perde fino alla Calabria, da un lato, e nell'entroterra siciliano dall'altro. A sud, la linea della costa si perde nel mare e copre e scopre l'orizzonte. Dietro di me, il vulcano.
Il vento corre veloce quassú, e il sole è forte e riscalda anche nei giorni freddi.
Io mi prendo un caffé e poi mi faccio due passi, su e giú sulla terrazza, e mi chiedo perché non sia in giro in una cittá come quella che vedo distesa sul pendio che, laggiú, scende fino al mare.
Torno alle mie cose, racchiuse in un fazzoletto, e poi ritorno sulla terrazza, come a schiuderle nel tutt'attorno.

È una fortuna trovarsi lá dove le montagne incontrano il mare, perché è lí che l'orizzonte si allarga come altrove non potrebbe, e c'è spazio per lanciare lontano i sogni e sentirne l'eco tornare indietro, come di ritorno da mondi lontani.

sabato 8 dicembre 2012

Altri appunti su storie da raccontare


La visita notturna al monastero dei benedettini di Catania, con la guida che decide che una tessera delle fotocopie scaduta nel 2010 va bene per ottenere lo sconto studenti.

Camminare a via Etnea, tra gente che urla, ride, corre, guarda.

I tanti, troppi, mendicanti in strada.

Un vecchio, con bastone e occhiali scuri, che aiuto ad attraversare la strada di fronte a Villa Bellini, in un incrocio difficile da attraversare anche per me, senza occhiali né bastone.

Le signore sui balconi di Aci Castello, il loro dialetto impossibile verso la gente in strada, nel silenzio delle due di pomeriggio di un giorno di tarda estate - dicembre.

La passeggiata sul lungomare fino ad Aci Trezza, i faraglioni, un signore che interrompe il suo baciarsi con una donna per dirci che si, la strada lí si interrompe, ma noi possiamo scavalcare le recinzioni del cantiere, attraversarlo, e poi scavalcarle di nuovo per giungere direttamente all'entrata del paese.

I cirri con le loro striature nel vento d'alta quota sopra il vulcano. Le pietre nere, ovunque, lava ormai morta, dalle conformazioni simili alla sabbia dei bagnasciuga fatta colare dai bambini per costruire i merli dei loro castelli estivi.

L'immondizia che spunta dietro ogni angolo.
Le moto rumorose, la gente che guida qualsiasi mezzo di locomozione tenendo in braccio i propri bambini.

Le donne scure, solari, scollate, inaccessibili, che parlano con gli occhi
e che proseguono il loro camminare, proprio come me, verso chissá dove.
 
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