martedì 28 agosto 2012

Della corsa nei boschi

Di certo - dove andranno queste pagine? mi chiedevo qualche tempo fa - il filo conduttore sará ció che faccio, e ció che penso, che è conseguenza di ció che faccio.

Forse é un stratagemma che uso, per cascare in piedi: scrivere una schifezza ha comunque una sua dignitá, se quella schifezza è reale.
Forse una squallido trucco: uno scrive una merda qualunque, che se l'avesse scritta anni fa sul diario che teneva nel comodino, non sarebbe servita neanche per accendere il fuoco - perché mica bruci un diario per accendere il camino? - e figuriamoci se poteva servire da lettura per qualcun altro - perché i diari sono pallosi, o forse non lo sono solo se sei Henri Miller. Dicevo, uno magari cita qualcosa di figo, scrive una cosa alla cazzo, uno scritto buttato giú su due piedi per un non si sa quale motivo - magari non aveva le palle per uscire dalla sua tana e prendersi le mazzate nella vita reale, che se ci penso uno che non si é preso neanche una bastonata non lo conosco ancora - Prendere nota: conoscere gente piú variegata, ma mica per capire se è possibile arrivare indenni alla fine del percorso! solo per avere piú esempi di maniere in cui si puó sbagliare la procedura da seguire.
Ecco, uno - o una, per non essere sessista - produce uno scritto - perché se metti insieme delle parole, questo è comunque uno scritto, anche se non è letteratura - traveste qualche luogo comune da scoperta geniale, camuffa uno spostamento, o una vacanza, con i vestiti del viaggio epico, truffa il lettore con la retorica di chi "vive", e truffa se stesso - o se stessa - perché non ha rischiato niente.


E questo non c'entra, davvero no, con la corsa nei boschi. Se non fosse che dovevo andare a correre ma ho preferito sprecare il mio tempo cosí.
 
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