lunedì 30 agosto 2010

A tavola

Ieri ero a tavola a pranzo, o cena, non ho ancora ben capito perchè qua cenano alle 17.
Ero seduto affianco ad un bimbo di quasi un anno. Lui se ne stava tranquillo sul suo seggiolone affianco alla mamma che nel frattempo mangiava. Tutto tranquillo e sereno, senza piangere nè niente giocava con le sue macchinine, i pupazzetti, le posate, il coltello che si metteva allegramente in bocca di taglio...La mia coinquilina l'ha fatto gentilmente notare alla mamma del piccolo:
"Uhm, forse è il caso che lui non giochi con quel coltello ma piuttosto con un cucchiaino, no?" (L'elemento ciucciotto non è contemplato nel contesto)
Io mi accorgo della situazione, gli sfilo il coltello dalle mani (e dalla bocca) e gli restituisco la sua macchinina. In un attimo la mia espressione super preoccupata viene sostituita da una risata sfrenata al solo pensiero di cosa avrebbe fatto mia madre in quella circostanza.
Mi viene invece difficile raccontare la reazione della mamma del piccolo, la sua espressione in una situazione del genere e la sua reattività: per farlo al meglio lascerò un rigo, o meglio tutto lo spazio restante, vuoto.

Mentre torno a casa

Stasera stavo tornando a casa e mi è venuto in mente un episodio stupido, di qualche centinaio di anni fa, più o meno quando avevo quattordici anni.
(Tra l'altro è stupefacente quando ti si presentano davanti dei ricordi che non c'entrano niente con ciò che stai vivendo eppure ti pare che in quel momento tu non possa far altro che ricordare quell'episodio in maniera nitidissima)
Comunque la storia è questa, brevissima. Un pomeriggio stavo parlando con un amico e un altro tipo, uno di quelli che da adolescenti si fanno gli svelti. Gli dicevo che "Stasera non esco, già ieri sono stato in giro tutto il pomeriggio e stasera sto a casa". Sto tipo, della mia stessa età, mi rispondeva: "Sto su un altro livello, io ieri sono uscito la mattina e sono tornato alle tre di notte e stasera esco di nuovo."
Ci pensavo oggi, mentre facevo autostop per tornare a casa.

sabato 28 agosto 2010

Prima o poi.. parte seconda

Per riuscire sempre a sorprendersi bisogna applicarsi, senza dubbio.
Bene, sapevo che sarei tornato a dimenticare le chiavi, non è questo il punto.
Il punto è il tempo, è il modo. È la che uno può sempre migliorarsi.
Ieri sera è il tempo, quando tutto sembrava tranquillo e calcolato. Calcolato da me, sia chiaro.
Il modo è che ora ci ritroviamo con la barca su un'isola e con le relative chiavi, si, su un'altra isola. In pratica sono in uno di quei giochini in cui devi fare il minor numero di viaggi possibile.
Il come è un dettaglio. Le risate che mi ci sono fatto su, quando l'ho realizzato, mentre guidavo la macchina, sono la cosa più bella.
Ma non mi metto limiti: ancora non è finita, sono ancora sulla sponda del mare da cui posso vedere, al di là dell'acqua, la mia bella casetta gialla.

martedì 24 agosto 2010

Taccuini da viaggio

Ispirato da un amico, come sempre.
Compro sta Moleskine, anche perché era più economica delle altre agendine che c'erano in cartoleria. La apro e ci trovo un libricino, un opuscoletto incluso. Roba che ha quasi lo stesso numero di pagine della Moleskine stessa.
Una sorta di istruzioni per l'uso, in non so quante lingue. Credo siano personalizzate.
In una ci puoi trovare scritto "Be Bruce Chatwin", nell'altra "Sii Vincent Van Gogh".
O ancora Picasso, o Hemingway e secondo me anche Sepulveda, Terzani, Gauguin.
Belle, ste istruzioni, soprattutto utili. Ma quelle trovate insieme alla mia, sarà stato un difetto di fabbrica, mi piacciono di più. Erano una serie di fogli bianchi, niente di più istruttivo se vuoi imparare ad usare un taccuino. Così li ho presi e ci ho scritto ciò che ricordavo.
"Fai quello che cazzo vuoi".
La prima pagina del taccuino mi si è poi aperta davanti, da sola.

Dati smarriti

Ieri sera, pensandoci un attimo, mi sono reso conto che un terzo, quasi la metà di ciò che scrivo, è esclusivamente online, su qualche server chissà dove. Un altro terzo, forse metà, è anche in memoria sul mio computer, o qualche hard disk che comunque è in mio possesso.
Solo una piccola parte, o quasi un terzo, ce l'ho invece su carta. Come ciò che stavo scrivendo ieri sera sulla mia agendina da viaggio-città-tuttigiorni mentre ero sul divano.
Quindi, se, per qualche motivo, mi cancellassero qualche account, o i server in cui è immagazzinato ciò che scrivo venissero distrutti, o se, ancora peggio, si perdesse memoria di come leggere i dati elettromagnetici in cui viene trasformato ciò che scrivo sulla tastiera, una buona parte di me se ne andrebbe.
Ma questo post non lo copierò da nessun'altra parte.

mercoledì 18 agosto 2010

CB-NYC-STHLM in tales #3 - Moleskine

lunedì 16 agosto 2010

Prima o poi..

Sapevo già che sarebbe capitato, era solo questione di tempo, di saper aspettare e il rituale si sarebbe ripetuto.

Oggi uscendo di casa mi sentivo più leggero del solito..mi sono accorto di aver dimenticato le chiavi solo quando il viaggio in barca era quasi già finito! Per fortuna il sole mattutino ha reso piacevole la tripla traversata del mare.
E aspetto le prossime dimenticanze.

domenica 15 agosto 2010

CB-NYC-STHLM in tales #2 - Statte cittu!

Questo è perchè, anche se è tardi e il tutto è già passato da un po', uno dei gusti più dolci di un viaggio sta nel sapere che potrai raccontare ciò che vivi in quel momento. Così lo racconto qui.


Scendo dall'aereo all'aeroporto di Shannon e mi ritrovo ad aiutare due vecchietti a portare una borsa. Quasi non mi parlano e quasi non mi ringraziano quando gliela poso dove poi si mettono a sedere nell'aeroporto. Dalle poche parole che sento capisco che sono italiani. Sia ben chiaro, non che parlassero italiano, ma il dialetto me li ha fatti subito collocare in viaggio da qualche posto sperduto del sud italia. Esattamente da Reggio Calabria. Per descrivere questi due vecchietti mi servirebbero troppe righe, e quindi desisto. Anche perchè se scoprissero che li ho apostrofati come "vecchietti" me le suonerebbero. E avrebbero ragione. Due che prendono, partono da Reggio Calabria e vanno a New York: altro che vecchietti. Tipi tosti, direi, che si sciroppano sto viaggione per andare a trovare i figli emigrati in America. Tosto lui, che mi racconta di avere non so che malattia, prende pillole in continuazione e si muove lentamente. Tosta lei, di poche parole e si vede che tiene in pugno la situazione. Sballottàti in giro per l'Irlanda non fanno una piega. Parlano in mezzo dialetto con gli irlandesi dall'inglese più impossibile da capire e sono certo li capiscono meglio di me. Mangiano per cena gli improbabili cibi del pub irlandese vicino all'albergo come se fossero i più navigati dei viaggiatori. Si adattano.
La mattina alle 5 e mezza sono i primi ad aspettare l'autobus che ci riporterà all'aeroporto, non si scompongono davanti all'autista di un autobus che ha la faccia da pazzo, nè di fronte ad un altro autista, che sembra Big George di Pomodori Verdi Fritti, e che chiede di non mettere nel bagagliaio del suo autobus valigie troppo grandi. Dopo pochi secondi lo hanno già convinto che le loro valigie hanno la dimensione giusta.
Ma la scena più bella è stata un'altra. Uno di quei momenti in cui cogli gli equilibri di una coppia, i loro meccanismi, i loro ruoli. Un momento in cui, si, capisci.
5 della mattina. Io esco dalla mia camera dopo aver lasciato la sveglia suonare per mezzora. Mi assicuro di avere con me la tessera magnetica che funge da chiave della mia porta. Per il resto sto dormendo. A pochi metri di distanza vedo i due calabresi trafficare vicino alla porta della loro stanza.
Lei in prima fila, armeggia vicino alla serratura. Lui dietro di lei, che si affaccia dalla sua spalla, alta non più di un metro e quaranta, per vedere cosa sta cercando di fare. La situazione è chiara: vogliono aprire la porta e non ci riescono. Io mi avvicino. Lei traffica con la tessera. Lui la guarda inerme e curioso da dietro, cercando di spiegarle come si fa, forse dicendole che la tessera deve rimanere qualche secondo in più nella fessura. Lei non l'ascolta.
Lui le dice: "Non Tohccarehh!"
e lei (forse anche perché vede che sto arrivando):
"Statte cìttu!!"
In un attimo lo zittisce, mi rivolge lo sguardo, mi indica la tessera, io le apro la porta e mi dice "tenkiù", sgattaiola dentro la camera tirandosi dietro il marito e chiude la porta. E io vado felice a fare colazione.

Transizioni baltiche

Alla fine sta andando così. Che poi non è mica la fine. Lo dicevo ad una mia amica proprio adesso. Lei mi fa che sta in un periodo di transizione e mi illumina sul fatto che pure per me è la stessa cosa. Da un sacco di tempo. Perdincibacco, non me ne ero mica accorto, davvero. Poi come al mio solito relativizzo tutto dicendo che la vita è un periodo di transizione tra il non essere ancora e il non essere più. Mi tranquillizzo e ritorno alle mie cazzate quotidiane.
Comunque dicevo che sta andando così. Che sto sull'isola. Di transizione fino a non so quando. Di transizione ero pure ieri e ogni giorno, quando attraverso su una barchetta il mar Baltico per giungere alla mia bicicletta e pedalare per un bel po' di minuti attraverso i boschi del nord fino a raggiungere questo maledetto centro abitato che si trova qui vicino, di nome Stoccolma, di fatto una città che mi piace, si fa percorrere e mi modella un po'. Come tutte le altre in cui ho vissuto. Sarà un caso.
Comunque sto sull'isola, la sera suono il piano e così pure i pomeriggi, dopo aver nuotato, magari. Nel fine settimana esco, vado in città, incontro gli amici e a notte fonda riprendo la metro, e poi la bici, e poi la barca, attraverso il mar Baltico, attracco al mio molo personale e mi metto a dormire. Non chiudo la porta di casa, non chiudo le finestre. Per chi voglia venire a trovarmi, insomma, non c'è nemmeno bisogno di bussare. La mattina mi sveglio e non devo guardare le previsioni del tempo, anche perchè non l'ho mai fatto. Piuttosto vedere se il mare è mosso. Finora è stato sempre una specie di piscina tranquilla, ma non lo sottovaluto.
Il fatto è che tutto mi pare normale, ossia nella norma, nella misura. Quale sia, questa misura, ancora è da capire. E non ho mai pensato di mettermi a cercarla.
Comunque, alla fine, sta andando così. Che non è la fine, se non la fine di ciò che ho vissuto finora. Sta andando che ho mille arretrati in testa da dover scrivere e che pezzi di questi finiscono in ciò che sto scrivendo ora. Sta andando che questo è uno scritto di transizione, non solo perchè parla di transizioni, ma proprio perchè lo è. Infatti posso anche definirlo così, di transizione, ma il suo carattere rimane sfuggente, vago, indefinito, se non fosse che parlo anche dell'isola, del Baltico e delle biciclettate nel bosco, che hanno spazio tempo e nome ben definiti.
Se non fosse, insomma, per ciò che nella mia vita è di transizione.

martedì 10 agosto 2010

No american movies

There are some hours missing in my days, and among these, the hours I should spend writing.

Yesterday at last I spent a night in my new place. I had a beer while taking a sauna, then I went nightswimming in the Baltic and I played music until late. Complete relax.

Nevertheless this morning, just before waking up, I was dreaming of myself visiting some remote place in the eastern Asia, likely in China. I was together with nice local people when everybody was kidnapped by someone sent by the government. I woke up while I was fighting against one or two guys. Of course they were rather well trained in martial arts. Of course I was winning.

I guarantee it's been a long time since I watched an american movie.
 
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