domenica 10 maggio 2009

Un passo

Come al solito le cose si accumulano e nel mucchio di tutto ciò che avrei da scrivere tutto sparisce sepolto nel disordine o evaporato. Però dato che oggi Sara fa gli anni sono più motivato a scrivere due righe. Perché con lei ho parlato tante volte del non vedere via d'uscita ma del trovarla poi andando un poco più avanti. Quindi vado un passo avanti scrivendo un po'.

Oggi corsa nel parco, sul mare in mezzo alle isolette di Stockholm: sono totalmente fuori forma ed è il caso di rimettermi in sesto, se no, come ha raccontato Beppe , continuerò ad avere contratture che mi impediscono di sciare sui metri di neve caduti quest'anno!
Stasera pensavo che negli ultimi due mesi è la prima domenica che passo qui a Stockholm, e forse era ora, per rimettere un po' di ordine, cosa per la quale sono negato. Infatti sono qui da 5 giorni e le valigie sono ancora piene, i cassetti e gli armadi sono ancora vuoti. Il week end è volato via in ore di cazzeggio puro e va bene così, è una ricarica per rimettermi in moto.

Intanto a Pisa mia sorella sta protraendo i festeggiamenti che, come al solito, vanno avanti da giorni e non finiranno certo con il 10 Maggio. Si gode le osterie nascoste nei vicoli e le persone che li popolano. Forse proprio come me quando ci vivevo non si rende conto della dimensione di quella città. Se la vedi come il tuo mondo, senza possibilità di altri punti di vista, è opprimente e senza uscita. Quando invece vai via e poi ritorni eccola minuta ma ricca, quasi accogliente. Sarà perché arrivo dai grandi spazi del nord, ma l'eleganza dei paesaggi italiani mi ha letteralmente sorpreso, ed è stata il perfetto sfondo alla solita eccezionale accoglienza dei miei amici. Però non basta sapere che ci sono punti di vista diversi dal nostro ma bisogna andarseli a cercare per capirli, e questo è il migliore augurio che oggi mi viene da farti, sorella cara.

venerdì 8 maggio 2009

Landslide

lunedì 4 maggio 2009

Casse di risonanza

Le signore al bar della stazione di Milano erano un bel po' addormentate dietro i loro occhialoni antisupermiopia. "Fate la fila alla cassa!" a chi voleva solo indicare il panino da prendere, "Eh, ma se non mi indichi il panino! c'è bisogno che tu venga di là!" a chi era alla cassa a pagare. Così la cena di stasera è stata un po' difficile da ottenere, ma ora, sul treno, posso mangiare in santa pace. "Santa" perchè l'unica pace che mi viene in mente in questo vagone con la porta che non funziona e resta aperta è quella dei Santi il cui nome mi gira per la testa. Lo spazio tra un vagone e l'altro e l'entrata di questi sono casse di risonanza perfette, mi dicono le mie orecchie. Sono costruiti esattamente con questo scopo, e con quello di farci passare il carretto del napoletano che con esso gestisce la cena dei passeggeri dell'eurostar: chiedi un panino al crudo e lui in un attimo ti convince a prenderne uno al cotto e pure una coca e i biscotti così sono 10 euro precisi. Ecco come tengono in piedi le finanze delle ferrovie dello stato. Peccato però che io abbia solo venti centesimi in tasca: niente cotto, napoletano in fuga verso la prossima vittima e io a programmare la sosta nel bar "Da Morfeo" a Milano.

Trieste è stata bella, con il suo mare aperto sull'orizzonte così diverso dal frastagliato arcipelago di Stockholm, con le sue strade eleganti e a volte decadenti. Ieri sera con Goffredo nel centro, in una strada proprio sotto casa, per metà vuota e per l'altra metà colma di giovani del luogo. "Se fossimo a Campobasso questo luogo lo odierei" gli dico "mentre qui riesco a starci". Ma è un attimo, lasciamo i ragazzi ad anelare le finte fighe-tutte-uguali-che-una-vale-l'altra e siamo in cammino verso un locale sperduto, chilometri più in là. E mentre camminiamo sullo stretto marciapiede in una galleria proprio al di sotto del castello, nel posto peggiore da essere passeggiato di tutta Trieste, in cui un motorino ha lo stesso rumore di un Jumbo, verso un locale che poi era chiuso, e poi ancora per strade vuote e stanche sotto le nostre stanche gambe, mi rendo conto che avrei potuto dirvela così: "Sai, sotto casa era poco figo così ieri siamo andati in galleria!". Però mi andava di scrivere un po' più di un solo rigo.
 
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