giovedì 25 febbraio 2010

Paranal: tre modi, three ways, tres maneras

Quando ero piccolo mio nonno mi comprava spesso riviste di astronomia. Per l'esattezza, ogni mese mi comprava "L'astronomia" e ogni settimana invece i fascicoli dell'enciclopedia di astronomia. Quelli erano i miei testi sacri allora, le pagine che sono ancora ben custodite nella libreria di casa. Su quelle pagine leggevo per la prima volta di processi incomprensibili che tutti i giorni accadono nel cielo e degli strumenti che gli uomini avevano costruito e continuavano a progettare per poter osservare ancora meglio. L'osservatorio di Paranal nasceva in quel periodo e diventó, man mano che mio nonno continuava a portarmi materiale da leggere, un posto sempre piú mitico per me.
Poi le riviste di astronomia qualitativa si trasformarono in libri di fisica e le fotografie di mondi lontani in numeri da leggere sullo schermo di un computer, le parole si decomposero in lettere per formare le equazioni.
Anche mio nonno si trasformó in qualcos'altro e in qualche maniera riuscí a portarmi, in un bel giorno di fine novembre, dove vivono ora quei telescopi di cui avevo letto la nascita.

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"When I was a child I caught a fleeting glimpse out of the corner of my eye." This glimpse was probably coming from a star, it was most probably reflected someway and somewhere in South America in the direction of my hometown, Campobasso. That's probably why I had the feeling of being home when traveling in the south of the world. That's probably why I hope that the Galileo Mobile has given, to some of the children we met, a glimpse on the rest of the world around them.
When I was a child I had the fortune to find "Interstellar space", by John Coltrane, in my father's collection of LP, to listen to it without any possibility of understanding anything, to be someway influenced and led to the study of the physics of interstellar space, 15 years later.
So, maybe, after meeting us, some of the guys we met will follow, someway, the glimpse that probably passed through their eyes.
This has been neither a tale nor a prayer, it's a wish I liked to write in this way.

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Cuando Pablo era un niño nunca quiso estudiar ni leer. Los que lo conocian, y que todavía lo conocen, dicen: "¡Ahora pasa lo mismo!". ¡Y es verdad! Nunca quiere sentarse para aprender y si tiene ganas de escribir, bueno, es para escribir algo que no necesita ser estudiado.
Pero él puede encontrar algo que le gusta, y entonces, como un niño, quedarse a mirar sin decir una palabra: esta es la manera de estudiar que le gusta más, y yo, que soy su amigo, estoy de acuerdo.
El día que estuvimos en Paranal él estaba conmigo y se lo pasó así, mirando y dejando que entrase en su ojos todo lo que podía entrar.
Queriá correr para todos los lados, tocar todas la partes de los telescopios, rodarse por todo el desierto. ¿Hay una manera de estudiar mejor que esta? "Quizás sí, si no ninguno habría construido estos telescopios" yo quería decirle.
Pero me acordé de cuando su madre me contó que él nació con dos ojos diferentes. El derecho era azul, de viejo, para aprender lo que otra gente ya había aprendido. Y el ojo izquierdo era marrón, de niño, para mirar lo que solo él podía ver.
Pablo tenía pocos mese y ya seguía leyendo libros enormes. Leyó de Galileo y de la manchas solares, y como Galileo hizo, intentó observarlas. Así fue que se quemó la parte azul de su ojo derecho y ese ojo se convertió marrón.

mercoledì 3 febbraio 2010

Possibilitá inaspettate

Di alcuni momenti a volte non so che farmene, a volte invece é bello trasmormarli in altro, magari anche solo per provare.

Di ritorno a Stoccolma giá da un bel po'. Non scrivo da un'eternitá e come sempre non voglio raccontare il passato troppo remoto. Parliamo solo della giornata che si é appena conclusa allora.
Giornata inutile. Tipico: dopo dieci giorni che vado nello stesso posto giá la routine mi opprime.
Cosí la giornata lavorativa passa via inutile, senza progressi, con tante cose che ho da scrivere che rimangono in sospeso perché proprio non sono ispirato. La giornata passa ascoltando In my life una trentina di volte, se non di piú. Non vado a correre nella pausa pranzo per vari motivi, anche noti come "attacco di pigrizia".
Mangio a pranzo e a cena pasta scaldata al microonde, andando contro i dettami.
Il risultato é che la solita passeggiata verso casa di ritorno dall'universitá passa via tra dubbi e inquietudini, ma anche con rivelazioni insperate. Tornato a casa, infatti, dopo aver suonato per un'ora "In my life" mi rendo conto che non posso sottovalutare ció che mi é passato per la testa.
Durante il giorno mi sono accorto che la collina che ho a 5 minuti a piedi da casa, dove sorge il vecchio osservatorio astronomico di Stoccolma, non solo é ben innevata, ma ha anche un versante nord-est tutt'altro che pianeggiante, 25 gradi secondo i miei calcoli. Sono le dieci di sera, ho un paio di sci nuovi ancora da provare, devo raddrizzare la giornata: vado a sciare dietro casa.
La collina sará alta 30 metri, non molto di piú, ma non importa. Sciare nel pieno centro di Stoccolma é ormai qualcosa di inevitabile. Per gli svedesi sará pure normale farlo, ma per me non lo é affatto. Non guardo la TV, non voglio passare la serata in casa: vado a sciare.
Alle dieci di sera, sci in spalla e scarponi nello zaino, arrivo nei pressi dell'Osservatorio. Sono sul versante nord-est, ma purtroppo la neve non é abbastanza per non rischiare di rovinare gli sci. Saranno 10 cm, ma il fondo é inesistente. Niente da fare. Peró dato che gli scarponi ai piedi ce li ho giá tanto vale inforcare gli sci. Provare a spingersi un po', pattinando, sulla cima della collina, e andare verso la parte meno ripida, sud-ovest, scoprire che qui la neve si é assestata di piú, cominciare a fare una, due, dieci curve in mezzo agli alberi e fermarmi poi sul ciglio della strada, sul marciapiede, felice come un bambino.
Riguardare le mie tracce lasciate qui, all'ombra dell'Osservatorio, vedere che in effetti no, nessun altro quest'anno, finora, ha avuto questa stessa idea. Rendermi conto che vivere in questa cittá, nordica, apre orizzonti inaspettati alla mia immaginazione.

Tornato a casa chiamo Sara.
-"Fa freddo lá da te? che hai fatto stasera?"
-"Niente. Ho cenato e ascoltato un po' di musica. Poi sono andato a sciare"
 
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