venerdì 21 dicembre 2012

Scrivere


Perché scrivo?

Potrei scrivere una miriade di volte su questo tema e credo che alla fine sarà proprio ciò che farò.
Perché scrivendo trovo altre ragioni per scrivere.

Scrivo per lasciare sfogo alle inquietudini che prendono forma in qualche luogo nel mio petto e per sfruttarne le tensioni e dar loro la forma che più si addice alla mia vita.
Scrivo per imparare a plasmarle con una forma sempre piú simile a quella che io penso che abbiano. E a quella che io voglio che abbiano.

Scrivo perché mi possa rendere conto che, quando avrò finito le parole, saranno svanite anche le mie tensioni interne. Oppure sarò stato così bravo da aver trovato un'altra maniera per convivere con esse, esserci seduti ad un tavolo a bere del vino di casa da bicchieri di terracotta, darci del tu. Fino a quando, ubriaco, avrò altre visioni da raccontare e potrò tradire il mio vecchio io con una nuova passione.

Scrivo per imparare a raccontare, o almeno provarci. Raccontare ciò che conosco e che voglio conoscere, la linea che percorro nelle mie giornate e che traccio nella mia unicitá spazio-temporale, seppur inutilità cosmica.
Non potrei raccontare nient'altro, o comunque non mi interesserebbe farlo.
Se anche la maggior parte dei momenti che compongono la mia vita è simile a quella degli istanti vissuti da milioni di altri esseri umani, non vale la pena di cercarvi qualcosa di mio, speciale? Di intrufolarmi nella loro struttura miscroscopica per scovarne i chiaroscuri che non si lasciano trovare da uno sguardo distratto? Le piccole pieghe che li rendono sgradevoli, o che stuzzicano i nostri sensi per il semplice fatto di esistere, evitando alla vita il piattume che continuamente vi cerchiamo? Se anche le parole fossero sempre le stesse, il loro fluire genera mutazioni strutturali: le parole sono unità mutevoli, pur apparendo come entità imperiture, iperuraniche. Eppure possono cambiare su scala temporale umana, così continuando il processo per cui un nuovo linguaggio nasce per gemmazione dal precedente.

E poi, si, scrivo perché scrivere mi fa vedere le cose in maniera nuova. Scoprire nuovi movimenti nelle cose. Nuove dinamiche. Nuovi dettagli. Immaginare storie. Trasformare i volti che popolano le mie giornate in personaggi romanzeschi, o anche il solo pensarne le vite quando escono fuori dal mio campo visivo. Poi scriverle in maniera spontanea, o pensando e ripensando ad ogni parola.
Scrivo costruendo con cura il flusso delle lettere attaccate e staccate le une delle altre, o lasciando che esse si riordino come credono.

Scrivo anche se a nessuno interessa che io lo faccia, a volte nemmeno a me.
Un giorno potrebbe essere bello raccontare qualcosa che interessi anche qualcun altro.
Ma so di non essere sempre consapevole di tutto ciò che si nasconde in quello che lascio scritto.
Un giorno potrei scoprirlo buio e insignificante, o luccicante.
Scrivo per il lettore che potrebbe imbattersi nelle mie parole, per la possibilità di un incontro, per raccontarne di reali e immaginarne di nuovi che avverrano.

Devo prendermi il mio tempo. Che sia un rigo o quanto mi serve.
Il mio spazio, di notte o di giorno o quando la notte si fa giorno.
Perché, se non mi prendo il tempo per accarezzare, con la dovuta cura, la donna che stasera siede sul  mio divano, questa scapperà svogliata con un "inutile serata" stampato nella sua pelle, e io mi odierò. Perché, scegliendo il tempo giusto, le stesse mani possono lasciare una scia di pelle d'oca dopo il proprio passaggio. Goosebumps, mi piace di più dirlo così.

Penso che avrei dovuto dormire stasera. O almeno avrei potuto raccontare di qualche sogno in cui mi sono imbattuto durante le scorse notti. Li ricordo sempre, e poi, mai piú.

È, invece, andata cosí. Scrivendo.

giovedì 20 dicembre 2012

Heading Home - 2012


Towards the city where a snowfall is magic
from the city where a snowfall is impossible

The city with the frozen sea
The city with the never-frozen sea
The city with the frozen lives

It's time to travel again, from the island that feels like home, to my home, that indeed feels like an island. I've came across many new routes and, what really matters, new states of mind. Better to write it loudly, so that I will remember that it's still possible to experience completely unexpected situations. Always. And always beyond my imagination.
This year has been that of a deep excitation on the slopes of the Volcano, on the fragile surface of my deepest feelings, on frozen ideas of warm worlds, the year of the longest travels on the shortest distances, of the high pace of my heart beating while sliding down and down and up and down and up and up and up, of the deformation of time, when the same moments were running fast and standing still and I felt stretched and lifeless and homeless and meaningless, but never useless.

Now that my speed is again high enough, here would come the time for a break, here will come the time for a new journey, starting on the route heading Home.

No more unknown places for this year, now I'm just heading Home.

martedì 18 dicembre 2012

Mustaccioli

Da un messaggio scritto poco fa ad un amico, mentre mangiavo dei dolcetti, chiamati mustaccioli, comprati in un forno vicino casa:

"In Sicilia sto mangiando della roba che, in altri paesi, non hanno neanche nell'iperuranio della loro cultura gastronomica!"


giovedì 13 dicembre 2012

La terrazza dell'osservatorio

Acchianare all'osservatorio.
Da qui affacciarsi sulla terrazza che dá sul mare e su tutta Catania.
In una cornice di ulivi e fichi d'india, con la vista che si perde fino alla Calabria, da un lato, e nell'entroterra siciliano dall'altro. A sud, la linea della costa si perde nel mare e copre e scopre l'orizzonte. Dietro di me, il vulcano.
Il vento corre veloce quassú, e il sole è forte e riscalda anche nei giorni freddi.
Io mi prendo un caffé e poi mi faccio due passi, su e giú sulla terrazza, e mi chiedo perché non sia in giro in una cittá come quella che vedo distesa sul pendio che, laggiú, scende fino al mare.
Torno alle mie cose, racchiuse in un fazzoletto, e poi ritorno sulla terrazza, come a schiuderle nel tutt'attorno.

È una fortuna trovarsi lá dove le montagne incontrano il mare, perché è lí che l'orizzonte si allarga come altrove non potrebbe, e c'è spazio per lanciare lontano i sogni e sentirne l'eco tornare indietro, come di ritorno da mondi lontani.

sabato 8 dicembre 2012

Altri appunti su storie da raccontare


La visita notturna al monastero dei benedettini di Catania, con la guida che decide che una tessera delle fotocopie scaduta nel 2010 va bene per ottenere lo sconto studenti.

Camminare a via Etnea, tra gente che urla, ride, corre, guarda.

I tanti, troppi, mendicanti in strada.

Un vecchio, con bastone e occhiali scuri, che aiuto ad attraversare la strada di fronte a Villa Bellini, in un incrocio difficile da attraversare anche per me, senza occhiali né bastone.

Le signore sui balconi di Aci Castello, il loro dialetto impossibile verso la gente in strada, nel silenzio delle due di pomeriggio di un giorno di tarda estate - dicembre.

La passeggiata sul lungomare fino ad Aci Trezza, i faraglioni, un signore che interrompe il suo baciarsi con una donna per dirci che si, la strada lí si interrompe, ma noi possiamo scavalcare le recinzioni del cantiere, attraversarlo, e poi scavalcarle di nuovo per giungere direttamente all'entrata del paese.

I cirri con le loro striature nel vento d'alta quota sopra il vulcano. Le pietre nere, ovunque, lava ormai morta, dalle conformazioni simili alla sabbia dei bagnasciuga fatta colare dai bambini per costruire i merli dei loro castelli estivi.

L'immondizia che spunta dietro ogni angolo.
Le moto rumorose, la gente che guida qualsiasi mezzo di locomozione tenendo in braccio i propri bambini.

Le donne scure, solari, scollate, inaccessibili, che parlano con gli occhi
e che proseguono il loro camminare, proprio come me, verso chissá dove.

giovedì 29 novembre 2012

Pro e contro #4

Frase del giorno:
Dopo pochi giorni in Sicilia capisco molto meglio quanto sia importante l'attenzione che il nord europa dedica al riciclaggio e al riutilizzo. Qui si spreca tantissima plastica e la raccolta differenziata è un'eccezione, ,anziché la regola.

Pro e contro #3

Camminare da Villa Bellini su fino all'osservatorio, sudare, fermarsi a comprare frutta e pomodori da un vecchio che li vende su un carretto all'angolo, prendere pane e dolci in uno dei tanti panifici che si incontrano per strada.
Sedersi sulla terrazza dell'osservatorio che dà sulla città e sul mare.
La vista a sud, fino al siracusano.
Passeggiare nel giardino, tra ulivi e fichi d'india.
La vista verso il vulcano che incombe sulla città.
La festa di odori, il sole che riscalda le giornate del tardo autunno, il vento che increspa il mare e lo macchia del bianco della schiuma delle onde.

martedì 27 novembre 2012

Pro e contro #2

Di ritorno da una giornata al mare, poco fuori Catania.
Con i miei amici Fede e Michi ho passeggiato sulla spiaggia in direzione sud, quasi fino al tramonto.
Dobbiamo ritornare in cittá, cosí siamo andati alla ricerca di un autobus.
Ma niente, dopo una ventina di minuti passati ad aspettare alla fermata decidiamo che è meglio cominciare a camminare, magari facendo autostop.
Passano molte auto, la maggior parte delle quali con a bordo nessun altro che il guidatore, ma nessuna si ferma.
Finché una tipo di qualche decina di anni fa, tutta scassata, inchioda: l'autista ci fa segno di salire a bordo.
È un signore senegalese, di ritorno da una giornata di lavoro al mercato, che ci dà questo passaggio .
Si lamenta del fatto che le persone tendono a non aiutarsi a vicenda, che ognuno si fa i fatti suoi e non si occupa dei problemi degli altri, che le persone passano il tempo a lamentarsi.
Mentre ci lascia vicino l'arco di piazza Palestro, Porta Garibaldi, gli chiedo se possiamo offrirgli un caffé, ma ci dice che l'aspettano a casa per pranzo.

sabato 24 novembre 2012

Pro e contro #1

Frase del giorno:
Ho interagito con piú persone in una settimana a Catania che in cinque anni di vita in Germania

venerdì 23 novembre 2012

Viaggi


I viaggi che non vedevo l'ora

I viaggi che non volevo fare

I viaggi che non dormo la notte prima

I viaggi di un giorno che si trasformano in viaggi di una vita

I viaggi progettati nei dettagli e quelli progettati per scoprire dettagli

I viaggi verso la libertà che conducono alla solitudine, i viaggi alla ricerca di me stesso e casomai dimentico di portare me stesso con me

I viaggi che mi mancano i miei amici

I viaggi in cui mi servono le mie paure

I viaggi a guardare fuori dal finestrino

I viaggi con i miei genitori, che non avevo idea di dove saremmo andati, né del perché fossi felice

I viaggi per imparare a viaggiare

I viaggi passati a fare l'amore

I viaggi per tornare a casa, i viaggi verso terre sconosciute

I viaggi nient'altro che dietro casa


I viaggi della mia immaginazione


I viaggi che tutti vogliono venire con me, ma nessuno verrà

I viaggi che tutto ciò che mi serve è nel mio zaino

Il viaggio che è la scoperta di un'altra persona

I viaggi che ho sognato e quelli che ho vissuto

I viaggi che un giorno, i viaggi che domani

I viaggi dimenticati, sepolti nel cimitero di quelli inutili

Il viaggio di scrivere dei miei viaggi

giovedì 22 novembre 2012

Journeys


The journeys I can't wait for

The journeys I don't want to take

The journeys I couldn't sleep the night before

The one-day journeys that turn into one-life ones

The journeys planned into details and those planned to discover details

The journeys to freedom leading to solitude, the journeys to myself and I forgot to bring myself along

The journeys spent missing my friends

The journeys I need to take my fears along with me

The journeys looking out of the window

The journeys with my parents, that I had no idea neither of where we were going nor of the reason of my happiness

The journeys to learn how to travel

The journeys spent making love

The journeys back home, the journeys to unknown lands

The journeys no more than one step away from home


The journeys of my imagination


The journeys everybody want to come along, and nobody will

The journeys all I need is in my backpack

The journey of discovering another person

The journeys that I have dreamt and those I've lived

The journeys I will, one day, and those I will, tomorrow

The forgotten journeys, buried in the cemetery of the useless ones

The journey of writing about my journeys

mercoledì 21 novembre 2012

O' assaje finisc' e o' poc' bast'

Traduzione: Ció che è tanto finisce, ció che é poco basta.

Fonte: M.A. Cennamo

Significato: Quando si dispone in abbondanza di qualcosa si tende ad abusarne e quindi a consumarla tutta, spesso inutilmente o in maniera sbagliata. Quando si dispone di qualcosa in maniera limitata allora se ne fa un uso piú attento e si finisce per adoperarla al meglio e in maniera piú sensata. Spesso ci si renderá conto che, anche se all'inizio si riteneva "poco", la quantitá era in realtá piú che sufficiente, tant'è che ne avanzerà anche.

Applicazioni: A tavola, quando c'é molto cibo e ci si ingozza o lo si spreca, in contrapposizione a quando il cibo sembra poco, lo si divide tra commensali e alla fine sará piú che sufficiente per soddisfare la fame di tutti, tant'é che avanzerá anche. O il tempo, che si spreca quando se ne ha troppo a disposizione e invece si sfrutta al meglio quando è poco.

Sorpresa di chiusura

Vale la pena di raccontare pure questa.

Stabilita la data di discussione della tesi di dottorato, presi i biglietti d'aereo per mamma e babbo per farli assistere alla discussione, una sera mi aggiravo con Alessandra al centro di Stoccolma.
Nella mia testa girava e rigirava l'idea che, in fondo, un dottorato di ricerca avrei potuto comprarlo senza troppi problemi a qualche mercatino dell'usato del napoletano. Qual era, quindi, il valore aggiunto nel discutere davvero la tesi?
La risposta mi capitó sotto gli occhi quella sera, mentre aspettavo che l'omino rosso dall'altro lato di Sveavagen mi invitasse a raggiungerlo, tramutandosi in verde. Un cartello affisso in un angolino: Berliner Philharmoniker alla Konserthuset pochi giorni dopo la discussione della mia tesi.
Il 18 novembre sera. 
Associazione istantanea: i boss adorerebbero andarli a sentire.
Bestemmie: ho giá comprato il biglietto aereo di rientro per i boss per il 18 pomeriggio.
Imprecazioni contro vari ordini ecclesiastici.
Idea: cambio il biglietto e chissenefrega, compro due biglietti in prima fila e ai boss daró la notizia poche ore prima del concerto per una sorpresa che ricorderanno e che stravolgerá i loro piani (im)perfetti e (in)attaccabili.
Imprecazioni varie per l'eccitazione dovuta ad un'idea brillante.
Intanto il rosso diventa verde, le persone attraversano diligentemente nel silenzio stoccolmese, col fare di chi sarebbe perso senza una omino colorato a indicargli cosa fare.

Il resto è la logica conseguenza della nascita di un'idea a cui mi ero affezionato, di un masso messo in moto in cima ad una montagna e in rotolamento veloce verso valle.
Andare a prendere un caffé in un bar del centro.
Fingere di ricevere un messaggio dalla compagnia aerea che indicava lo slittamento del volo di ritorno al giorno successivo.
Ascoltare le imprecazioni per l'imprevisto.
Aspettare che un cameriere qualunque porti al nostro tavolo una busta contenente i biglietti del concerto.
Concedere cinque minuti perché possano capire cosa sta succedendo.
Filmare il tutto e rivederlo al replay mille volte.
Andare al concerto e scoprire che, si, voglio entrare anch'io, e allora prederne un biglietto dell'ultimo minuto anche per me.
Godermi la perfetta sigla conclusiva di questi anni a Stoccolma.

martedì 20 novembre 2012

Un altro sogno di qualche tempo fa

Un altro sogno, dopo quello sudamericano, era quello di avere tra le mani un libro scritto da me.
Un libro su qualche strano argomento di astrofisica che io fossi in grado non solo di scrivere, ma anche di capire, almeno in parte. Perché, è chiaro, non è scontato capire tutto ció che si scrive.
Era un sogno, ma anche la ragione per cui queste pagine (che sono pagine anche se vengono chiamate "post") nacquero e uno dei motivi dei su e giú annidati nelle mie parole.

Avevo sognato di celebrare la nascita di questo libro parlandone con qualcuno che lo capisse meglio di me, con accanto amiche e amici, i miei genitori, e la presenza, anche se non fisica, di quelle persone che porto con me, nei miei pensieri e nelle mie parole, ogni giorno.

In una cittá del nord dove capitai piú o meno per caso durante un viaggio di quattro anni fa, nel sogno banchettavo fino a tarda notte con queste persone, con cibi di cui sento ancora il sapore in bocca.

Ora che quel momento è passato ne sento ancora addosso l'entusiasmo e vedró di trascinarlo con me
in ció che verrá.

sabato 10 novembre 2012

Un sogno di qualche tempo fa

Uno sogno fatto tanto tempo fa, che mi ritorna in mente ora.
Lo metto nero su bianco (o bianco su nero) cosí da poterlo ricordare in futuro, o stupirmi, o esclamare un piú semplice: "Ma cosa avevo in testa?"

Ero a fare il giro del Sudamerica con Bruce Chatwin, Paul Theroux e altri loro amici.
Pare che avessimo combinato qualche guaio e infatti eravamo inseguiti dal sindaco di un paesino della Patagonia che ci voleva cacciare da tutto il Sudamerica: sosteneva che non avessimo il permesso di soggiorno.
Il sogno in realtà  inizia nel bel mezzo di un inseguimento, con questo alcalde che ci dava la caccia.
Scappavamo lungo tutta la catena andina, a piedi e con mezzi di fortuna, con autobus su strade improbabili che si inerpicavano sul bordo di dirupi e chiedendo passaggi ai rari viaggiatori di quelle terre impervie, o a piedi tra deserti e selve. Fino ad arrivare alla costa nord del Venezuela: i Caraibi dopo le Ande.
Lì giungemmo su un piccolo molo la cui porticina di accesso era in realtà una vera e propria uscita dal continente sudamericano. Attraversarla era un po' come entrare in una zona diplomatica, protetta. L'alcalde, una volta che noi avessimo varcata quella porticina, non avrebbe potuto farci piú niente.
La imboccavamo vedendo, in lontananza, l'alcalde che ancora ci inseguiva. Ci aveva inseguito fin dalla Patagonia, e fino al Venezuela! Ma cosa avevamo combinato di così terrificante?
Così, Chatwin e gli altri si mettevano sulle canoe, pronti a tornare a casa. In effetti lí per lí non valutai che avrebbero dovuto attraversare l'Atlantico per tornare in Inghilterra. Io, era ovvio nel sogno, sarei rimasto in Sudamerica.
Mentre li salutavo dal molo, Chatwin tornò indietro a chiedermi se fossi sicuro di voler rimanere, oppure preferissi andare con loro.
Ci pensai un attimo, guardando l'alcalde che ci osservava bellicoso da dietro la rete che delimitava il piccolo molo.
Ci pensai un attimo e decisi di partire con loro, che il mio viaggio poteva continuare. Salii sulla canoa di Chatwin. Era una specie di kayak in realtà. Dopo pochi istanti cominciammo ad affondare.
La canoa non era abbastanza grande per due persone.

Ero per metà in acqua e per metà in aria, a pochi metri dal molo e dalla terraferma e . . .

mercoledì 7 novembre 2012

Dialogo tra sorelle


- Cos'è che muove pur non essendoci?

- La mancanza è la principale ragione di movimento.

- Una sfida che consiste nel rimanere su quella linea che divide gli stimoli produttivi dal senso di inadeguatezza e di oppressione. Avvertenza: quando questo gioco comincia è poi difficile tornare indietro.

- Vero. Se sei brava e padrona di te, più qualcosa ti manca più ne sei attratta, però ciò porta inevitabilmente a grandi sconquassi interiori. L'arte ne è piena.

- E se vuoi rimanere laddove non provi mancanza, allora non sperimenterai forti dolori né grossi cambiamenti, ma rischi profonda insoddisfazione.

- Io mi trovo in una sensazione di insoddisfazione attualmente, ma sono anche una persona codarda che ha paura di provare grosse delusioni o grossi sconquassi.

- Occorre una ricetta, gli ingredienti già ci sono. Non si può sempre andare avanti a occhio, a sensazione, senza un tamburo indipendente che stia vibrando per dare il ritmo.

- La ricetta è fare, andare avanti. solo cosí troverai il tuo ritmo.
Finché pensi al ritmo da tenere rimarrai ferma. Mettiti al piano e suona, senza pensare.

- E tu esci e lasciati incontrare dal mondo. Senza pianificarlo.
Riposati quando sei stanca, mangia quando hai fame. Cambia il quotidiano sorprendendo anche te stessa.

- Rischio delusioni.

- Ma seguirai qualcosa che nasce da te e di cui, quindi, non puoi fare a meno.


-Questa è la chiave di tutto: non potrò più fare a meno della stella danzante Nietzschana perchè sarà esclusivamente mia. Solo allora sarò in grado di seguire nessuno schema predefinito, ma solo il mio, che cambierà senza sosta perché la mia insoddisfazione e voglia di nuovo mi porteranno a una continua rivoluzione.

-Visualizzare il fatto che, per far in modo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi, come diceva il buon vecchio Tomasi di Lampedusa

- Un filo tra Tomasi di Lampedusa e Nietzche, ti pare niente!

- Quel libro sarebbe da leggere per intero, prima o poi.


- O intendi che tutto deve cambiare, e basta?

- Io non sono d'accordo con voi, invece. La mancanza è nel passato, nel deformare i ricordi. La mancanza è nel futuro, nelle abnormi e irrealistiche speranze. Ma la mancanza si sente nel presente, come scontro inevitabile tra ciò che ci precede e ciò che abbiamo lasciato dietro. Inevitabile, umano.
Inutile prenderla come un criterio di scelta. Cambiare conduce solo ad un nuovo senso di mancanza.
Moversi o rimanere ferma: non c'è differenza.

- Niente deve cambiare?

- Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

(Scritto a quattro mani con Sara)

venerdì 2 novembre 2012

About running in the woods

Because it has started again.
Nothing else but allowing my warm body to go across the cold air surrounded by the multicolor soil and ceiling of the autumnal scandinavian woods.
Again that need of running fast is back.


Sometimes I need to wear a cap to not get cold, almost never I need gloves, because my hands are always warm. Out-of-focus all of that is not moving a step after the other, I breath fast and run through the white smoke coming out of my mouth.


On all the leaves forming an unique carpet, waiting for the white magic powder to fall, it is every time new the movement of going ahead as fast as I can.



lunedì 24 settembre 2012

Su come andare a prendere un aereo

"Una persona normal ya estaría en aeropuerto"

"Si, pero me parece claro que vos no sos una persona normal"


* * * *

Munich, una domenica in cui non ho niente da fare se non prendere un aereo quando sará giá sera.
La giornata è splendida di sole e aria estiva, seppur di settembre, ed è d'obbligo passarla in riva a un lago, a prendere il sole, tomar mate, rilassarsi con gli amici. La sera, e l'aereo, pensieri lontani da tutto ció.
Che poi si sa che il tempo scorre lento quando ció che non puoi mancare è lontano, ma poi si affretta a terminare il prima possibile, fino a correre all'impazzata, man mano che approccia il suo termine, la scadenza, che forse deforma lo spazio-tempo nelle sue vicinanze.
Lo stesso capita per gli aerei e per chi deve prenderli.
Per questo spesso ci si condanna ad interminabili attese in aeroporto, per avere l'illusione che anche quelle ultime ore si muovano come le altre.
(O forse solo per poter organizzare il tutto con calma, essere assicurati contro gli imprevisti e non incorrere in brutte sorprese. Ma questo è un un punto di vista troppo pragmatico per meritare più di un piccolo spazio tra parentesi.)
Comunque sia, c'è il sole e io me ne sto disteso a ricaricare le batterie ascoltando i miei amici hablar un idioma que me pone tranquilo, charlando sobre sueños y proyectos lindos, de tierras escondidas y preciosas.
Finché ritorno alla realtá, quella comune che comprende anche le dinamiche del resto del mondo, oltre alle immaginazioni che popolano quella zona che si trova da qualche parte dietro i miei occhi e tra le mie orecchie. Così ci ritroviamo tutt'a un tratto imbottigliati nel traffico, e nello spazio-tempo siamo a due ore e mezzo dalla partenza del mio aereo e a diverse decine di chilomentri dall'aeroporto, con l'intera Monaco di Baviera e il suo traffico a frapporsi tra me e il banco del check-in.
I miei amici in auto cominciano a preoccuparsi che io non possa farcela. Fede, Chucho, Mayte, Michi e Sebastian, che si fa largo tra le altre auto come meglio non si potrebbe, in qualche maniera pensano che, si, sarà difficile prendere l'aereo. Io abbasso il finestrino e mi godo l'aria in faccia e il tempo che comincia a scorrere, si, sempre piú rapido.
Sebastian ci lascia in una stazione della metro, di cui non ricordo il nome, nel sud-est di Munich.
Da lí dobbiamo prendere due metro, andare a casa di Fede&Michi, fare la valigia e il check-in, prendere altre due metro e andare in aeroporto.
Mentre aspettiamo il primo treno che arriva, quando mancano due ore e pochi minuti alla partenza dell'aereo, io dico:


"Una persona normal ya estaría en aeropuerto"
E Michi mi risponde:
"Si, pero me parece claro que vos no sos una persona normal"

Da allora, le successive due ore passeranno più lentamente che le precedenti, e il tempo rallenterá, forse perché più lento di noi che gli corriamo di fianco.
Preso il primo treno, salutato Chucho dopo aver parlato delle bellezze del sud del Messico, deciso che Michi e Fede mi avrebbero accompagnato in aeroporto, scesi alla stazione della metro sotto casa di Fede&Michi, corsi a casa, cinque minuti per fare la valigia (e una pisciata, con tutta calma), tornati alla metro, presa la metro (dopo ben due minuti di attesa), riaperta la valigia e rimessa in ordine dato che i vestiti non erano stati propriamente piegati in maniera ortodossa, parlato del futuro e di nuove avventure da condividere, arrivati in aeroporto, comprate al supermercato delle birre ricordo da portare con me in Svezia, fatto il check-in, imbarcata la valigia.
E poi cenato, bevuto una birra e salutato i miei due cari amici che mi hanno accompagnato fin lì.
Passato i controlli, c'è anche il tempo per un caffé, prima di salire in aereo.

Le due ore e pochi minuti sono salite su quell'aereo quando io ero giá seduto a guardare fuori dal finestrino, in attesa che tutto terminasse, e tutto ricominciasse.

giovedì 20 settembre 2012

Il fiore di mandorlo

Com'a fiore de miéntra:
schiude e murí.
(Eugenio Cirese)


Tra un passo e l'altro

È il fluire del tempo che attutisce le asprezze
e le malinconie figlie del tempo che scorre

È il fiore di mandorlo che schiude e muore

È l'inchiostro che per sempre deturpa
l'immacolato e inutile bianco della carta

È la poesia che colma l'animo del lettore
della bellezza sottratta allo scrittore

È il respiro che riempie e svuota,
che continua
anche nell'incoscienza
dei sonni piú profondi.

sabato 1 settembre 2012

Sulla nona sinfonia di Beethoven

Cos'è la libertà?
(Forse non farsi questa domanda, è libertà)

Per stasera, chiamerei libertà l'esistenza di una possibilità, unita alla volontà di una scelta.

Oppure: ero poco fa ad ascoltare per la prima volta dal vivo la nona di Beethoven.
In alcuni momenti, mentre alcune corde dei violini risuonavano armonicamente con quelle dei violoncelli e delle viole, mentre le voci del coro, con parole a me sconosciute, si ergevano maestosamente sulla musica dell'orchestra, le tensioni nel mio stomaco e nel mio petto, che tentavano di uscire con tutte le loro forze stirando la mia pelle fino a darmi i brividi, si, queste tensioni, se dovessi trasformarle in una parola, le trasformerei in "libertà".

martedì 28 agosto 2012

Della corsa nei boschi

Di certo - dove andranno queste pagine? mi chiedevo qualche tempo fa - il filo conduttore sará ció che faccio, e ció che penso, che è conseguenza di ció che faccio.

Forse é un stratagemma che uso, per cascare in piedi: scrivere una schifezza ha comunque una sua dignitá, se quella schifezza è reale.
Forse una squallido trucco: uno scrive una merda qualunque, che se l'avesse scritta anni fa sul diario che teneva nel comodino, non sarebbe servita neanche per accendere il fuoco - perché mica bruci un diario per accendere il camino? - e figuriamoci se poteva servire da lettura per qualcun altro - perché i diari sono pallosi, o forse non lo sono solo se sei Henri Miller. Dicevo, uno magari cita qualcosa di figo, scrive una cosa alla cazzo, uno scritto buttato giú su due piedi per un non si sa quale motivo - magari non aveva le palle per uscire dalla sua tana e prendersi le mazzate nella vita reale, che se ci penso uno che non si é preso neanche una bastonata non lo conosco ancora - Prendere nota: conoscere gente piú variegata, ma mica per capire se è possibile arrivare indenni alla fine del percorso! solo per avere piú esempi di maniere in cui si puó sbagliare la procedura da seguire.
Ecco, uno - o una, per non essere sessista - produce uno scritto - perché se metti insieme delle parole, questo è comunque uno scritto, anche se non è letteratura - traveste qualche luogo comune da scoperta geniale, camuffa uno spostamento, o una vacanza, con i vestiti del viaggio epico, truffa il lettore con la retorica di chi "vive", e truffa se stesso - o se stessa - perché non ha rischiato niente.


E questo non c'entra, davvero no, con la corsa nei boschi. Se non fosse che dovevo andare a correre ma ho preferito sprecare il mio tempo cosí.

venerdì 13 luglio 2012

Kind of Blue


As I wail, cry and scream, lost and disoriented and hurt, but awake, nothing happens.
So what?
Nowhere to aim, so no movement towards no direction, because why bother.
As I swirl and walk up and down the stairs, I might end in a unmistakable-smell-dark-room, in which an unconfusable music is played.
As I change mode and pace, a certain Kind of blue might be produced, sound and feeling. My kind of blue is dark blue, blathering while I'm lost in a far somewhere, thinking "Good banter Miles".
It's full of colors and empty of light,
it's those athwart lines crossing the red stream in which I plunge my nights,
it's the hand caressing and tossing and turning me around and around and pitching me so far away from myself that I suddenly show up in the most unknown of my rusty nostalgies,
it is my proclivity for muddiness and my helter-skelter faith to turn it into a lawn, drinking the witches brew that I smell in the air after the sunsets.
Nowhere to aim, so one direction at my own pace.
Because why not?


sabato 30 giugno 2012

Su come scegliere una direzione

Che facile lo è solo nei discorsi dei novizi,
o di consapevoli ubriachi

Che importante lo è ad ogni istante nella mente dei frenetici,
o procrastinabile frenesia dei depressi

Che non è dilemma per chi resta al centro della piazza,
o naviga nelle rapide

Che si traduce: movimento
o si fraintende: meta

Che accade quando gli alibi sono distratti
e le abitudini disorientate

Su come scegliere una direzione, no,
altro non so.

martedì 26 giugno 2012

Una mattina al mare

Come sempre, finisco a rileggere vecchie lettere, email.
Inaspettata, trovo qualcosa il cui ricordo era stato totalmente cancellato e che mi riporta ad una mattina di dicembre di cinque anni fa.

* * * * * * *

Una mattina al mare.

d'inverno di dicembre appena iniziato.
di onde e freddo sulla sabbia sporca.

di tronchi d'albero riversi sulla battigia
e montagne incappucciate dalle nuvole all'orizzonte.

di surfisti in branco alla caccia dell'onda
di onde in fila indiana infastidite dai surfisti

di qualche sparuta persona che camminava sulla spiaggia
di parcheggi vuoti della folla estiva
di teste vuote della follìa estiva
e in bilico tra la severità dell'inverno e quella del mare,
di teste melanconiche dell'autunno che sta per svanire.

l'autunno è nelle strade, nelle foglie che cadono,
e non nel mare piatto e freddo che partorisce sulla riva grosse onde

la primavera sarà nei prati verdi, nelle radure dove la gente cuoce la carne sulla brace
e gioca a pallone negli utlimi giorni d'aprile
e non nel mare di nuovo tiepidamente tiepido.

il mare è inverno.
o estate.
estremale, di confine.
non mediocre nè depresso, non autunnale.
inavvicinabile quando l'umore non è quello giusto,
avvolgente e accogliente se nel giorno buono.

in completa sintonia o discordanza,
specchio totale, del cielo e dell'animo,
e quindi splendido, o inguardabile.

venerdì 1 giugno 2012

Mostra

Intanto per distrarmi faccio una mostra di fotografia. Anch'essa non so dove andrá, forse da nessuna parte. Non ha importanza.

 Eccola:
 2-14 Giugno 2012, Gallerí Aguéli, Södermalm - Stockholm

 “Under the same sky” is an exibithion about the GalileoMobile project expedition to the Andinian Altiplano. GalileoMobile is a purely non-profit project that brings astronomy closer to young people around the world, and mainly across developing countries that have little or no access to outreach programs. Its first expedition was to South America, through Chile, Bolivia and Perú. South America is a land of kids walking through large spaces, under a clear sky. The GalileoMobile project has traveled in the andinian plateau, a small part of this huge continent, to share the cosmovision of some astronomers with that of local kids and native people. Children all around the world are enthusiastic to observe the sky. To the andinian populations their clear sky is an important everyday-presence in their lives. With human paces they walk the sideral distances of their land, land of deserts and forests, from of the thousand meters of the high peaks of the Andes to the shores of the Pacific ocean, through the rests of ancient civilizations. Stargazing and exchanging dreams with andinian children was an amazing experience, and “Under the same sky” is a collection of shots captured while being part of it. “These shots represent a little homage to this land, as seen through my own eyes.”
Dove andranno queste pagine devo ancora deciderlo. Come tutti i fenomeni umani, anch'esse attraversano cicli, inizi e finali. Tempi piú veloci e incalzanti, ritmi piú lenti, noiosi o barcollanti. Trasformazioni, cicliche, di durata subumana, dove il ciclo piú lungo é quello descritto dal numero dei miei respiri.

giovedì 2 febbraio 2012

Snowflakes falling into place

 
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