lunedì 24 settembre 2012

Su come andare a prendere un aereo

"Una persona normal ya estaría en aeropuerto"

"Si, pero me parece claro que vos no sos una persona normal"


* * * *

Munich, una domenica in cui non ho niente da fare se non prendere un aereo quando sará giá sera.
La giornata è splendida di sole e aria estiva, seppur di settembre, ed è d'obbligo passarla in riva a un lago, a prendere il sole, tomar mate, rilassarsi con gli amici. La sera, e l'aereo, pensieri lontani da tutto ció.
Che poi si sa che il tempo scorre lento quando ció che non puoi mancare è lontano, ma poi si affretta a terminare il prima possibile, fino a correre all'impazzata, man mano che approccia il suo termine, la scadenza, che forse deforma lo spazio-tempo nelle sue vicinanze.
Lo stesso capita per gli aerei e per chi deve prenderli.
Per questo spesso ci si condanna ad interminabili attese in aeroporto, per avere l'illusione che anche quelle ultime ore si muovano come le altre.
(O forse solo per poter organizzare il tutto con calma, essere assicurati contro gli imprevisti e non incorrere in brutte sorprese. Ma questo è un un punto di vista troppo pragmatico per meritare più di un piccolo spazio tra parentesi.)
Comunque sia, c'è il sole e io me ne sto disteso a ricaricare le batterie ascoltando i miei amici hablar un idioma que me pone tranquilo, charlando sobre sueños y proyectos lindos, de tierras escondidas y preciosas.
Finché ritorno alla realtá, quella comune che comprende anche le dinamiche del resto del mondo, oltre alle immaginazioni che popolano quella zona che si trova da qualche parte dietro i miei occhi e tra le mie orecchie. Così ci ritroviamo tutt'a un tratto imbottigliati nel traffico, e nello spazio-tempo siamo a due ore e mezzo dalla partenza del mio aereo e a diverse decine di chilomentri dall'aeroporto, con l'intera Monaco di Baviera e il suo traffico a frapporsi tra me e il banco del check-in.
I miei amici in auto cominciano a preoccuparsi che io non possa farcela. Fede, Chucho, Mayte, Michi e Sebastian, che si fa largo tra le altre auto come meglio non si potrebbe, in qualche maniera pensano che, si, sarà difficile prendere l'aereo. Io abbasso il finestrino e mi godo l'aria in faccia e il tempo che comincia a scorrere, si, sempre piú rapido.
Sebastian ci lascia in una stazione della metro, di cui non ricordo il nome, nel sud-est di Munich.
Da lí dobbiamo prendere due metro, andare a casa di Fede&Michi, fare la valigia e il check-in, prendere altre due metro e andare in aeroporto.
Mentre aspettiamo il primo treno che arriva, quando mancano due ore e pochi minuti alla partenza dell'aereo, io dico:


"Una persona normal ya estaría en aeropuerto"
E Michi mi risponde:
"Si, pero me parece claro que vos no sos una persona normal"

Da allora, le successive due ore passeranno più lentamente che le precedenti, e il tempo rallenterá, forse perché più lento di noi che gli corriamo di fianco.
Preso il primo treno, salutato Chucho dopo aver parlato delle bellezze del sud del Messico, deciso che Michi e Fede mi avrebbero accompagnato in aeroporto, scesi alla stazione della metro sotto casa di Fede&Michi, corsi a casa, cinque minuti per fare la valigia (e una pisciata, con tutta calma), tornati alla metro, presa la metro (dopo ben due minuti di attesa), riaperta la valigia e rimessa in ordine dato che i vestiti non erano stati propriamente piegati in maniera ortodossa, parlato del futuro e di nuove avventure da condividere, arrivati in aeroporto, comprate al supermercato delle birre ricordo da portare con me in Svezia, fatto il check-in, imbarcata la valigia.
E poi cenato, bevuto una birra e salutato i miei due cari amici che mi hanno accompagnato fin lì.
Passato i controlli, c'è anche il tempo per un caffé, prima di salire in aereo.

Le due ore e pochi minuti sono salite su quell'aereo quando io ero giá seduto a guardare fuori dal finestrino, in attesa che tutto terminasse, e tutto ricominciasse.

Nessun commento:

 
Locations of visitors to this page