domenica 17 ottobre 2010

Cinque giorni, poi a casa.

Prendo le carte e mischio.
Osservo il cielo da un osservatorio astronomico -
Me ne vado ad una partita della seconda serie svedese. Meglio la serie D italiana comunque. Pubblico che neanche fossimo il sabato sera in discoteca, praticamente impossibile guardare la partita -
Lunga discussione sull'origine della vita nell'universo -
Corsa vicino al lago (si, ricominciamo) -
Rosso fuoco dell'autunno di Stoccolma-
Il Mercatino di Hötorget.
La solita routine e il fenomeno della scomparsa delle sensazioni quando si lasciano passare giorni prima di scrivere. In realtá è un test sulla veridicitá di ció che ho vissuto. Uno guarda un film sentimentale la notte da solo e sente di avere dentro urla con cui schiacciare il mondo. Il giorno dopo sparisce tutto.
Uno cammina spensierato o con mille inquietudini per una strada qualunque e dopo anni scopre che stava facendo qualcosa di sensazionale. Camminare con un'inquietudine, pensare, decidere una direzione, piegare la vita per renderla rotonda quanto si vuole. Mica capita con facilitá. Mica capita cosí di passare le giornate a progettare il prossimo viaggio, che non é quello nel paese sperduto di chissá quale continente ma quell'altro, piú semplice e necessario, del ritorno verso casa.
Sto una domenica in universitá e d'un tratto mi ritrovo che ho camminato verso il pianoforte piú vicino, quello che c'è in una delle stanze dell'osservatorio di Albanova, per suonare una mezzora su dei tasti che, dio mio, la scala diatonica è un ricordo lontano, ma che, si, ne avevo proprio bisogno.
Quello che non succede se lo progetti, ma capita se gli lasci spazio, è sentire la necessitá di guardare piú in lá e lasciarsi guidare da questa sensazione.
Per questo guardare i crateri della luna è di nuovo un'esperienza fenomenale. Perché so che ci sono, perché vivo ogni giorno a pochi metri dal telescopio con cui li ho osservati qualche giorno fa e perché sono ritornato ad osservarli e mi sono stupito.
O suonare le solite note su un pianoforte stonato mentre nella vetrata vedo il cielo avvolgere la cittá ad occidente con il suo crepuscolare braccio rosso.
Per questo ci provo, ci provo a scrivere, per stupirmi due volte dello stesso tramonto, delle stesse ore passate con buoni amici, per sbattere il pugno sul tavolo e non assopire la mia inquietudine, per sentire cos'è che ho vissuto e metterlo da parte, per mischiare le carte, sceglierne una e scartarla via se non fa parte del mio gioco.

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