Avrei voluto amarti
eppure non l’ho fatto.
Dagli ulivi che sono a popolarti
solo un frutto ho colto.
Delle onde che ti bagnano
solo una m’ha abbracciato.
E di quegli orizzonti che continuano a chiamarmi ogni dì e notte
per essere esplorati
solo uno ho attraversato
per vederne poi altri mille
che non avrei mai immaginato.
Avrei voluto amarti
eppure perché non l’ho fatto?
Perché adesso so di non poterti
scoprire perfetta
senza lo slancio dell’amore,
né saperti sbagliata
senza che l’amore sia finito.
Né tu puoi scoprire di me altro che la tessitura della pelle
perché una carezza è troppo poco per conoscersi.
Ma è fin troppo per sognarsi.
Ricordi che mi mostravi le acque
del tuo mare
camminando per Irakleio
giù fino alla fortezza?
Mentre intorno nessuno poteva
immaginare i nostri sogni
al sicuro, celati dalla tua drammatica
bellezza
di storie così ardite
che dall’antico osano giungere
fino al presente.
E poi Dia,
quell’isola che mi indicavi ogni giorno,
affacciata sulla fortezza,
una linea dal fascino
di un domani inarrivabile,
uno specchio deserto
di tutta la tua storia.
Come l’amore tra di noi
uno specchio deserto di noi stessi.
Dalla cima dei tuoi monti
Dia l’accarezzavo con un dito
solo perché si trovava lì,
pur senza aver capito
perché ne fossi innamorato.
Dia era un riflesso
del nostro amore,
a portata di mano e inafferrabile,
che esiste solo nel gesto dell’accarezzare
e fugge a ogni possesso.
Avrei voluto amarti
e allora l’ho fatto
quando ero distratto
nei ritagli di tempo
per salvarmi dai miei dubbi
e difendermi dalla mia certezza
di non essere abbastanza.
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