giovedì 30 gennaio 2014

Porto - A uno scrittore portoghese


Ho passato tre giorni a Porto
a rivedere amici e compagni,
ospiti naturali del mio viaggiare.
Ero curioso della tua terra, lo sai.

L'Oceano l'ho visto,
ma non l'ho fotografato.
Pioveva, e poi il rosso del tramonto.
Sembrava grande da lassù,
ma non so dirti quanto.
Ero un visitatore, non un abitante,
guardavo con occhi curiosi, sognante,
occhi stranieri senza radici.
Le onde sbattevano forti sui bastioni 
che reggevano il faro.
Vorrei abitare in un faro per un po', lo sai?

Dalla torre de los Clérigos i tetti diventavano 
disordinate mattonelle,
e su un piedistallo c'era la cattedrale.
Poi mi sono calato tra la gente
e ho visto le case che scendono nei vicoli
sul Douro, i panni stesi sotto la pioggia,
le signore lente sulle scalinate bagnate,
e quelle alle finestre, affacciate
alle torri di vedetta sulla vita della città.

Lisbona invece l'ho solo immaginata, 
come faccio da quasi vent'anni o forse meno.
Credi si possa misurare la nostra vecchiaia 
dal tempo che un'immagine spende tra i nostri sogni 
senza aver mai abitato la realtà?

Quanto c'è in questo mondo, amico!
E quanto lenti bisogna essere per scoprirlo.
E io che pensavo fosse tutta una corsa, ah se mi sbagliavo.
Si deve correre lenti, come a pronunciare il nome
della tua terra, che sembra lungo e veloce
e poi quasi si ferma: Portogallo,
un'arancia da sbucciare,
una terrazza sui confini del mondo immaginato dagli antichi
e su quelli del tuo animo.
Mille rotte partono da quelle coste sull'oceano:
non so il domani quale porterà,
una sola è quella giusta.
Dalla riva, il frastuono del mare la nasconde,
ma se saprai prepararti ed aspettare 
la vedrai limpida
stagliarsi tra le onde.

Eccola, è lì ! Che aspetti?

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