Ieri ho fatto una scoperta. Piccola, ovvia, ma fino a ieri mi era ancora nascosta.
Nell'immenso flusso di parole che mi scorrono davanti agli occhi nelle giornate passate davanti allo schermo del computer, una ieri spiccava sopra le altre.
Bisogno.
L'avrò letta mille volte. Fa rima con sogno, ma ha un significato totalmente diverso, addirittura opposto.
Se hai un sogno è perché non hai bisogni, o perché ne hai troppi.
Di certo, sembra che se qualcuno abbia un bisogno, allora no, avere un sogno è proibito. E, di certo, la parola sogno è oggigiorno abusata, o evitata. Per paura, in entrambi i casi.
Quindi vado a fare una ricerca e scopro che all'origine della parola bisogno c'è la parola sunia, che pare abbia un'origine gotica, di un latino medievale.
A sua volta, tale parola ha origine nel latino somnium, che si traduce oggigiorno come sogno.
In-somnium invece vuole dire visione, cioè quanto si vede durante un sogno.
In latino medievale, il sogno è stato trasformato in sunia, una parola dal valore bipolare: impedimento o necessitá, cura.
Sono sempre affascinato dall'etimologia delle parole, forse perché è come visualizzarne il viaggio, lo slittamento, la deriva senza timone tra le onde e le tempeste di un mare di esseri umani.
Il sogno diventa bisogno, allo stesso tempo impedimento o necessità.
Se si rifugia dentro di se, in-somnium, diventa la negazione di se stesso e si vendica donando agli insonni le visioni reali che più si avvicinano a quelle oniriche.
Se scappa da tutto ciò, diviene un'entità misteriosa, spesso confusa. con il desiderio.
Ma, invece, desiderio è una parola che, pur viaggiando tanto, in balia delle peggiori burrasche dell'animo umano, è sempre tornata al suo posto:
de-sidera: osservare intensamente le stelle, il cosmo.
Oppure privarsene e sentirne la mancanza. De-sidera.
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