Dieci anni fa feci un viaggio a Parigi. Dopo un po' scrissi le mie impressioni in una email a un po' di amici. Già esistevano le mail dieci anni fa. Questa mail, intitolata "Cartolina", di tanto in tanto la rileggo. Per sentire il più possibile il presente e poterlo ricordare in un altro presente di certo diverso da quello immaginato. Mi è ricapitato di leggerla adesso, proprio quando a Parigi ho deciso di viverci per un po' della mia vita.
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Scale. Ritorno salendo le scale della metro a Place de la Concorde, si apre davanti a me uno spettacolo familiare ma non conosciuto, previsto ma sempre imprevedibile.
Una parte di me, in realtà, non si è mai mossa da qui negli ultimi quasi 5 anni. E non tardo a ritrovarla. Poco a poco, un sorso alla volta e solo quando ne ho sete, una carezza alla volta, ma solo quando sono triste.
La prima è proprio lì, sguardo nel vuoto, vestiti eleganti e capelli pettinati, barba incolta e maniche impolverate, seduta su quelle scale sporche di attimi vissuti quasi a volerle renderle più belle, a volermi accogliere nella migliore delle maniere, a farsi credere una benestante del luogo. Ma non aspettava altro che il mio ritorno, e io il suo, nella mia vita un po' più vuota in qualche zona neanche tanto nascosta. Mi prende sotto braccio, mi regala un sorriso che da tempo teneva in serbo per me e io subito lo rendo ad Ilaria, lo metto in mani più sicure.
Così inizia il mio passeggiare lungo i maestosi Champs Elyèes, ogni volta più grandi, ogni volta più verdi e ogni volta più familiari. Fortunatamente stavolta anche meno dolorosi e sanguinanti....
....davanti la Maison de la culture du Japon à Paris, all'ombra della torre, una forte tristezza mi assale, vorrei entrarci, forse no e alzo la mano e saluto da lontano un Fabio sorridente sul marciapiede davanti l'entrata, e ovatto i miei grigiori con il verde del parco in cui è incastonata la Tour, che ne spunta fuori come la lama di una spada da un manico intarsiato a mano, lavorato a fondo solo per far spuntare lei e per rimanere, discreto, nella sua silenziosa eleganza.
Silenzio. Così ho gustato Paris, tra i suoi innumerevoli giochi musicali, artisti di strada, con le sue splendide luci, silenziose tutte per farsi sentire più forte. Silenzio e ricordi. Silenzio e progetti. Silenzio. Per sentire il più possibile il presente e poterlo ricordare in un altro presente di certo diverso da quello immaginato. Ogni strada è nuova, più grande la scalinata che innalza la Nike di Samotracia, più grande la stanza singola della Gioconda, con tanti quadri a fungere da suppellettili, più strette e tortuose le vie di Monmatre e meno rosso l'orizzonte dal Sacre Coeur. E' meno alba che allora, è meno tardi e gli occhi sono più aperti ma meno attenti, occhi adatti a queste irripetibili giornate di maggio e non più a vecchi giorni d'agosto. Il sonno è passato appena alzatomi dalla panchina davanti la Prefettura, dopo aver boicottato quelle davanti Notre Dame. Rivedere quella piazza, quasi misera rispetto alle altre sorelle parigine, mi ha dato la sensazione di averla vissuta, di averla avuta nelle mie mani mentre forse sognavo altro in quella mattinata post - insonnia. Un posto in cui dormi è sempre particolare. Ti accoglie indifeso dal mondo e proiettato nella tua intimità più profonda. Ti porta con se senza che tu lo veda. A me stupido 19enne sembrava di essere invincibile e di potermi difendere anche nel sonno, a me stupido 24enne sembra di aver rivisto una mamma che ti copre gli occhi dalla luce al risveglio mattutino per farti
vedere il suo dolce volto in controluce. Una città che incombe su di te con la sua bellezza ma scompare per lasciar posto alle persone che la vivono, come nei miei ricordi.
E' solo la finestra che mi fa affacciare sul giardino da cui i miei amici mi chiamano per andare a giocare con loro.
Ai miei amici di Paris, ai miei Amici,
A Giovanni.
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