mercoledì 7 agosto 2013

Nepal - A documentary

During last months I have been traveling some parts of Asia.
Here you can find a documentary on the part of my travel that was shared with my friend Luca, to Nepal.

Nepal - A documentary

We feel this is only the first step of a long journey ahead.

Enjoy!

lunedì 22 luglio 2013

Nepal - Un documentario

Dal viaggio fatto in Nepal con Luca negli scorsi mesi abbiamo tratto un documentario, con lo scopo di raccogliere un po' di fondi per le scuole nepalesi, e di raccontarvi la nostra esperienza.
Lo trovate qui:

Nepal - Un documentario

Buon viaggio!

lunedì 10 giugno 2013

Canto d'attese e incontri erranti

Scintillan mute le stelle
nei cieli di plenilunio
dei miei giorni solitari,
cosi', a te Luna, parlo e chiedo: 
credi esista un pastore, un saggio
che mi narri dove nascono i binari
sui quali rotolo inquieto
sin da un giorno di meta' maggio?
E, degli incontri che anelo
e schivo indifferente,
che adocchio e afferro a bruciapelo,
quali son miraggi,
e quali approdi d'umanita', viaggi?

Ho dovuto finora
perdermi e ritrovarmi
da solo, lasciandomi
giacere con la schiena
ad aggradarsi sulla curva Terra

per cercarmi nel cielo,
dove piu' m'oriento
e piu' mi smarrisco,
sospeso il mio percorso
tra lo scintillio del cibo
e il disgusto delle feci.

Ho dovuto nutrirmi
della merda nella mia testa.
Mi piaceva, me la gustavo
fino alla nausea, ingozzarmi
credendomi a una festa
di cui ero l'ospite, e lo schiavo.
Cosi' ubriaco delle mie paure
da sembrarmi impavido
m'agiravo assente, pallido
a serrar tutte le chiusure
al mondo, al Sole, alle creature
che mi amavano. Vomitai:
quell'orripilante essere, me stesso,
era appena rinato.

Ho dovuto scopare
le peggiori puttane,
cercare il sale e leccare
le loro gemme malsane,
le grandi bocce
flaccide dal tanto palpare
fino a sbagliare la presa
sui pericoli sinuosi
dei fianchi, vicoli tortuosi
alle labbra di fuoco e seta,
e divenir persona arresa:
l'amore e' affanno d'una folle meta,
e' ritorno a una casa
da cui mai sono partito,
e' pioggia tempestosa
su un percorso sconosciuto
e poi il levarsi delle nubi
a illuminar vallate d'un profilo mai vissuto.



Ho dovuto aspettare prima di scrivere e cantare
queste rime dissonanti.
Delle strofe fuori tempo
mi piace la marea
che suscitano, scombussolate
onde alla rinfusa
crescono, mareggiate,
uomini in cambusa
che le attraversano ignari
e certi che la dea e musa
dei peregrinaggi non avari
riservi, infine, la quiete,
seppur solo in un piccolo lembo
d'acqua, d'oceano, di sete.


Vivrei da re sapendo d'essere
quel pastore ch'incontra
e parla con te, o Luna,
che fatica, suda, scontra
il suo errare sulle brune
linee dei viandanti di montagna
con la quiete smarrita il di' natale.
Cosi' ora ti domando, Luna, il mio malessere:

Perche' l'uomo dedica il suo tessere
a specchiarsi e rispecchiarsi
sempre nel proprio essere?
a credersi tutto anziche' nulla, all'amarsi?
a rifiutar cio' che non sia perdersi?

So, Luna, che a questi lamenti
non trovero' sollievo, ma solo stenti
sia su monti o creste fascinose
che tra le fogne piu' disgustose.
E tra filosofi, operai o mendicanti
e tra le capre a zonzo col pastore,
o con lui stesso, nei desideri erranti
d'esser poeta invece che poesia.

La tela ricamata sulle vie
del nostro mondo
e' solo la mia indecifrabile firma.

martedì 26 marzo 2013

Uraoaru


Una volta, non tanto tempo fa, esisteva una razza di uccello marino dal nome che nessuno ricorda.
Aveva grandi ali piumate che cambiavano forma al cambiare del vento. La sua struttura era così mutevole da renderlo resistente a qualsiasi libeccio o maestrale, ma al contempo così delicata da frantumarsi in qualsiasi pioggia.

Si librava in alto durante la notte, si camuffava nel buio del cielo serale e spiccava il volo quando il tramonto era ormai lontano nel tempo e ben prima che il sole potesse riapparire all'orizzonte.
Si nutriva dei pesci che nuotano nelle burrasche invernali dei mari nordici e oziava in letargo durante le lunghe giornate estive, quando il lasso di tempo tra alba e tramonto è così breve da non consentire un volo d'adeguata bellezza, respiro e durata.

Questo uccello dalle grandi ali verdi, con striature blu e rosse, viveva circa undici anni e nasceva alla morte della propria madre. Una razza orfana per la sua stessa natura, priva di cure parentali. Una razza di figli unici, e della quale ogni generazione non riceveva eredità alcuna dalla precedente.

Uno studioso che viveva a Öns, un'isola dell' arcipelago di Nemloh, aveva dedicato la propria vita alla ricerca del significato dei suoni che questi uccelli emettevano. Questo studioso, il cui nome è andato perso assieme a quello dell'uccello, era stato pescatore fino alla scomparsa del padre, risucchiato dalle acque durante una battuta di pesca in un grande fiordo dalle correnti troppo agitate.
Del padre ricordava la bocca spalancata come a urlare, ma nei suoi ricordi non v'era nient'altro che il continuo scrosciare delle onde oceaniche sulla prua del peschereccio, come un rumore che ricopriva le urla del padre e mandava all'oblio i suoi primi undici anni di vita.

Aveva continuato a lavorare su pescherecci per altri undici anni.

Dopo di che, smise di pescare per commercio, vendette la sua casa a un petroliere, e si mise in viaggio, sulla sua barca, alla ricerca del padre, vivendo di ció che pescava e scambiando spesso il suo pescato con cibo degli abitanti delle isole visitate durante il proprio peregrinare.
Il buio delle notti oceaniche lo aveva avvicinato molto a questo uccello, presenza pressoché costante dei suoi viaggi notturni, fino al punto che il pescatore riuscisse a decodificare i segnali inviatigli dall'uccello e a costruire, con quei suoni, vere e proprie strutture rassomiglianti a quelle di un linguaggio.

Quando era ormai vecchio, ma mai stanco, gli erano rimasti pochi scogli da visitare nel nord dell'oceano Atlantico, e comunicava con nessun altro che l'uccello notturno. Fu così che, dopo una giornata di abbondante pesca, ritornò a Öns, ancorò il peschereccio al largo della sua isola natale per undici giorni e scrisse un trattato completo sul linguaggio usato dall'uccello. Elencò tutte le parole che era riuscito ad imparare e a tradurre, descrisse la struttura basilare della lingua con cui l'uccello comunicava.

Poi, nei successivi undici giorni, usò tutto ciò per scrivere un racconto.

Scoprì, quando il racconto fu finito, che l'uccello non conosceva la parola "madre", e che lui non gli aveva mai parlato, nei loro dialoghi, di suo padre.
Fu cosí che aggiunse una parola al dizionario, unendo i due suoni che significavano "origine" e "vita". Uraoaru sarebbe stato, fin da allora, il nome con cui l'uccello sarebbe stato conosciuto nel mondo, e il suono che significava "madre", nella lingua del volatile.
Era anche il titolo del racconto del pescatore.

Tutto questo mi fu raccontato, nient'altro che pochi giorni fa, da una vecchia signora di Öns, che avevo raggiunto dopo ventotto ore di navigazione notturna, durante le quali mi era sembrato anche di scorgere il volo dell'uccello dalle ali verdi.

Mi disse che fu lei a ritrovare i libri, tra i relitti di un peschereccio che si era schiantato, privo di timone e timoniere, nel porticciolo.

Mi disse che riconobbe la calligrafia.

Mi disse che suo figlio era sordo, e mi disse di tornare a casa. ``Sempre'', mi disse.

martedì 12 marzo 2013

Goodbye Stockholm

"Ti saluto dai paesi di domani che sono visioni di anime contadine in volo per il mondo."

(Fabrizio De André, Ivano Fossati - Anime Salve)

lunedì 4 marzo 2013

Queue

Lots of tales are waiting to be written down, here or in any possibile page.
The flow of ideas and dreams and memories goes along with the flowing of writing, in my life.
When stuck in one of these, stuck everywhere.

It is one-way-ticket time and each point of the ride seems to cross amazing trajectories of which I touch, sadly, only one point, that is, nothing.

In the same way these few words are written here just as starting point for some imagination, without the ambition of saying anything.

Imagine the intricated trajectory of a person on this planet.
Do you think that the path drawn by an old lady walking along the streets of her little village is less complicated than the route of an intrepid traveler of the world?

venerdì 22 febbraio 2013

Riconoscermi


"Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato: la distanza dal suolo d’un lampione e i piedi penzolanti d’un usurpatore impiccato; il filo teso dal lampione alla ringhiera di fronte e i festoni che impavesano il percorso del corteo nuziale della regina; l’altezza di quella ringhiera e il salto dell’adultero che la scavalca all’alba; l’inclinazione d’una grondaia e l’incedervi d’un gatto che si infila nella stessa finestra; la linea di tiro della nave cannoniera apparsa all’improvviso dietro il capo e la bomba che distrugge la grondaia; gli strappi delle reti da pesca e i tre vecchi che seduti sul molo a rammendare le reti si raccontano per la centesima volta la storia della cannoniera dell’usurpatore, che si dice fosse un figlio adulterino della regina, abbandonato in fasce lí sul molo."


(Italo Calvino - Le città invisibili)

Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra- che già viviamo- e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.

(Cesare Pavese - Il mestiere di vivere)
 
Locations of visitors to this page